Informazioni su Giancarlo Frigieri

uno che suona la chitarra e canta

Quanto pesa un morto?

E’ sempre molto interessante osservare le reazioni che abbiamo di fronte alla morte, in qualsiasi salsa ci venga presentata. L’ultimo esempio che mi ha incuriosito è stato in questi giorni con la morte di Simoncelli. Non sono un amante del motociclismo, dei motori in genere. Ho una teoria fanta-politico-cospiratoria per le gare di formula uno. Ritengo che vengano tenute negli ospedali per essere usate come anestesia, quando ci si trovi a dover operare d’urgenza in caso non si abbiano medicinali adatti alla bisogna. Idem per il motociclismo, che trovo appena meno noioso. Aggiungete che non ho più la televisione da 3 anni e capirete che non conoscevo il malcapitato. Ritengo che facendo quel mestiere lì sia una cosa, quella di morire sul lavoro, che si metta anche un poco in conto. Ma non è questo il punto.

Il punto è che ci sono un paio di cose che non mi piacciono, in questo circo della morte.

La prima è il fatto che ormai basti essere celebri e si ha un funerale in diretta televisiva. Una volta questo accadeva per i presidenti, i dignitari e i reggenti. Oggi basta essere “qualcuno” che voilà… alla tua dipartita scatta la squadra esterna 3 di (riempite voi lo spazio) a filmare le immagini. Il funerale è ormai diventato un genere televisivo a parte, a fianco dei varietà, degli eventi sportivi, dei talk show e dei “reality” (ai quali probabilmente è appartenuto per un breve periodo prima di affermarsi come genere a sé). Capita di vedere persone che salutano la telecamera quando passa, striscioni e applausi (a questi ultimi due ci siamo abituati, agli stronzi che salutano con la manina e sorridono ci vorranno ancora una decina di decessi, a occhio e croce).

La seconda cosa che stona è lo stupore per il dolore collettivo. In genere questo stupore dal sapore vagamente acidulo si manifesta soppesando i morti legati ad un altro avvenimento. In questi giorni l’occasione d’oro (si fa per dire) è stata rappresentata dalla catastrofe in Lunigiana e zone limitrofe. Via dunque alle osservazioni in base alle quali ci si dovrebbe dolere maggiormente per i 16 morti dell’alluvione rispetto al campioncino che a quell’età era milionario e quindi comunque se l’è goduta (questo il messaggio implicito, espresso più o meno velatamente). Questo soppesare i morti è un giochino nel quale caschiamo un poco tutti, a seconda di quanto ci sta antipatico il “morto ricco e famoso” (chiedo scusa, si fa per capirsi) o il suo contesto.

Ebbene, proprio perché capita a tutti noi di averlo farlo, sarebbe ora che cominciassimo a dirci che mettere sulla bilancia qualche cadavere per vedere quanto debbano pesare i sentimenti altrui è, oltre che un gesto maledettamente volgare, anche un gesto piuttosto ignorante e inutile.

Inutile perché il giochino si potrebbe ripetere allargando sempre più le proporzioni, in genere finendo per “tutti quei milioni di bambini che muoiono di fame” (vi consiglio un “e allora gli adulti che muoiono di fame? Mica muoiono soltanto i bambini” per stupire il vostro interlocutore e vincere così la gara della pietà a parole).

Volgare per due motivi. In primis perché si sente un poco la puzza del voler farsi belli e intelligenti sulla pelle di qualcuno. In secondo luogo perché si pretende di imporre agli altri i propri sentimenti e la propria scala di valori. E’ morto il vostro cane? Non potete piangere, a meno che non abbiate pianto molto quando è morto un vostro amico. E ricordatevi che dovete piangere di più per un parente, anche se è uno zio di terzo grado che non avete mai visto, perché è comunque un parente. (Mio padre non ha pianto una lacrima alla morte dei suoi genitori e sei mesi fa ha seppellito il gatto piangendo come una fontana. Io non ho pianto una lacrima per i miei nonni, ma sembrava che avessi un temporale negli occhi quando è morto il mio cane. Mi sento in colpa? Francamente no. Mio padre nemmeno, credo. Mio nonno capirebbe, credo.)

E qui viene la stupidità. Nel senso che i nostri sentimenti di fronte alla morte sono, appunto, SENTIMENTI. Per natura sono soggettivi e spesso, istintivamente, vanno a toccare corde che nemmeno noi conosciamo con esattezza. Proprio di fronte al dolore scopriamo qualcosa di noi che non conoscevamo, se ci dice bene.

Insomma, l’amore, il dolore, la perdita, l’abbandono… sono cose davanti alle quali ritengo giusto e consigliato sentirsi egoisti. E davanti alla manifestazione altrui di un sentimento così, la reazione più composta sarebbe, in caso non si senta autentica solidarietà, il silenzio. Silenzio inteso come sottrazione al circo della morte, al genere di spettacolo che l’abbiamo fatta diventare.

Vi ricordate quando ci fu la strage in Norvegia, quest’estate? Chi si ricorda il nome dell’isola? Ma come, non eravate così sconvolti da non dimenticarvelo più? Non avevamo messo tutti una bella bandierina norvegese (qualcuno dell’Islanda o della Svezia, cacchio… le fanno tutte uguali) sul nostro profilo Facebook, pronti ad indignarci per quanto accaduto? Qualche giorno dopo morì Amy Winehouse e alcuni cambiarono la bandierina norvegese con la faccina della cantante. Alcuni qualche secondo dopo se ne sono pentiti e sono tornati alla bandiera… Mi immagino la difficile decisione: “Mi dispiace di più per lei oppure per i Norvegesi? Cavolo, i norvegesi erano 93…Però mica avevano scritto un pezzo come “Rehab” quelli…”

Davanti alla morte fidatevi di chi non teme di mostrarsi egoista. I più altruisti, generosi, intelligenti… teneteli alla larga. Altrimenti potrebbe capitarvi di sentire cose come questa (sentita con le mie orecchie) “Hai visto il funerale di Pavarotti?” “Si. Ti dirò, bello, eh… ma mi è piaciuto più quello del Papa”

Ottobre

WORKING WEEK

Una settimana ricca di appuntamenti. Giovedi 20 infatti parteciperò alla serata finale del tour di “Our secret Ceremony” dei Julie’s Haircut, in un concerto speciale all’Off di Modena che vedrà la presenza di altri ospiti di rilievo quali Angela Baraldi, Emanuele Reverberi e altri che vedrete se verrete. Venerdì 21 invece suonerò insieme ai JAMES RIVER INCIDENT, quintetto a tinte Paisley Undeground con il quale mi diletto da un paio di anni. Abbiamo realizzato un dischetto cantato in lingua inglese chiamato “No one loves anybody here and that’s the truth” che non è affatto male. Dentro ci sono alcune canzoni scritte da me diversi anni fa che reclamavano di essere registrate, nonché qualche brano decisamente lussuoso a firma Marco “Blasters” Paderni, il nostro leader spirituale che questa sera, dalle ore 19 alle ore 21, presenterà il disco sulle frequenze di K Rock, intervistato da Marco Moser. Il disco lo potrete acquistare al concerto, che faremo Venerdi 21 ai VIZI DEL PELLICANO di Fosdondo di Correggio. DOMENICA 23 Ottobre, per chiudere una settimana decisamente intensa, sarò invece in concerto in perfetta solitudine all’ARCI CHINASKI di Sermide, all’incrocio tra le province di Mantova, Ferrara, Rovigo e Verona, in pienissima pianura padana e sulla riva del fiume Po. Orario aperitivo, qualsiasi cosa significhi. Poi per qualche giorno basta concerti. Si ricomincia a Novembre, più carichi che mai. Novembre dovrebbe essere anche il mese che avrà una bella infornata di recensioni sui giornali. Ve le segnalerò con dovizia di particolari.

BOOKS

In genere i libri che spiegano ai gruppi come devono comportarsi sono pieni di frasi fatte, aria fritta e non arrivano mai al punto. NON E’ IL CASO DI QUESTO LIBRO che si chiama “Rock in progress” ed è stato scritto da un giovane ragazzo romano che porta il nome di Daniele Coluzzi. Una vera e propria inchiesta sul rock indipendente italiano travestita da vademecum per le giovani band che decidono di cominciare a fare questa vita indegna. Cercatelo, diffondetelo, compratelo e leggetelo.

CONCERTI
Eccovi le mie date dal vivo. Ci vediamo lì?

23/10 Chinaski – Sermide (MN)
08/11 Glue – Firenze w/ Butcher the Bar
10/11 Krock – Intervista con Marco Moser
11/11 Corallo – Scandiano (RE)
12/11 Circolo Bazura – Torino
18/11 Carmen Town – Brescia
23/11 Giovane Italia – Parma
18/12 Circolo Pantagruel – Casale Monferrato
24/12 La salumeria del rock – Arceto (RE) Concerto di Natale, solo covers.
18/01 Il Giardino – Lugagnano di Sona (VR) w/ The Walkabouts
21/01 I vizi del Pellicano – Fosdondo (RE)
27/01 Il localino del Giulietti – San Marino (RSM)
04/02 Circolo Ho Chi Minh – Pistoia
07/02 Radio Blu Veneto – Padova da conf
23/03 Espace Populaire – Aosta
24/03 Blah Blah – Torino da conf.

Bert Jansch

Oggi è morto Bert Jansch, l’uomo che ha insegnato (insieme a Davy Graham) a suonare la chitarra acustica con le potenzialità delle accordature aperte a tutta l’Inghilterra. Nick Drake e Jimmy Page, tanto per dire due nomi mica da ridere, narravano delle ore passate ad ascoltare i suoi dischi cercando di capire come riuscisse ad ottenere certe sonorità. Con una chitarra acustica e una voce, Jansch riusciva a farti sentire, pur rimanendo musicalmente ben ancorato al folk rock di tradizione inglese e celtica, sapori e profumi di Asia e Africa. Il tutto quando le parole “world” e “music” erano ancora intese una indipendente dall’altra. Ho conosciuto la musica di Jansch solo di recente, quando sono stati ristampati alcuni suoi lavori in Vinile 180 grammi. In particolare l’album “It don’t bother me” è uno dei dischi che, quando devo scegliere quale vinile mettere sul piatto, finisce per essere la colonna sonora delle mie serate. Più di ogni altra cosa però, a colpire uno come me, che non ha mai avuto la fortuna di vederlo suonare dal vivo, è un filmato che circola su Youtube. Un filmato girato di recente, dove Jansch interpreta una versione di “Blues run the game”, vecchio brano di un altro grande del folk scomparso prematuramente che risponde al nome di Jackson C. Frank e che Jansch aveva incluso in un suo disco altrimenti piuttosto deboluccio del 1975, “Santa Barbara Honeymoon”. In quel filmato il nostro è ripreso al Pub, per una serie di trasmissioni di non so quale programma che tendono a valorizzare l’aproccio “buona la prima”. Un’esecuzione informale, fatta davanti a una pinta di scura, di un uomo di una certa età. La telecamera, per fortuna, indugia anche spesso sulla mano sinistra di Jansch e ne consente di carpire qualche segreto. L’audio, più che soddisfacente, consente di apprezzarne il tocco. Ecco, se io riuscissi un giorno a suonare per 3 minuti con quella intensità, probabilmente potrei appendere la chitarra al chiodo e sarei ugualmente un uomo felice.

La fine dell’estate non ci colse di sorpresa

1. SI COMINCIA

Dopo una comparsata al MEI SUPERSOUND al Teatro Masini di Faenza, si comincia con la stagione concertistica vera e propria per supportare il disco nuovo. Un convertito alla volta, come sempre. Sabato 1 Ottobre sarò al PASTEGGIO A LIVELLO di SAN FELICE SUL PANARO (MO). Se venite da Modena e relativa “bassa” o da Ferrara siete comodi, inizio alle 22:30. Il 7 suonerò invece con Daniele Groff, nell’ambito di una rassegna chiamata OLD ROCKER BUSTED curata da Max “Grizzly” Marmiroli alla Montagnola di Campogalliano (MO). In generale troverete in fondo alla mail concerti fino all’inizio dell’anno prossimo. Ci vediamo lì, vero?

2. RECENSIONI

Qui trovate la recensione su “Sentire-ascoltare” di Stefano Solventi de “I sonnambuli”. Invece troverete cliccando qua la recensione di ROCKIT a cura di Fausto Murizzi. Tra qualche giorno sul numero di Ottobre del MUCCHIO invece la recensione di Federico Guglielmi. Tutti in edicola.

3. UN CONVERTITO ALLA VOLTA – TOUR 2011/2012

01/10 Il pasteggio a livello – San Felice sul Panaro (MO)
07/10 La Montagnola – Campogalliano (MO) w/Daniele Groff
09/10 Arci Dallò – Castiglione delle Stiviere (MN)
15/10 Vinilmania – Novegro (MI) – Pomeriggio
15/10 Materia Off – Parma (Sera)
23/10 Chinaski – Sermide (MN)
08/11 Glue – Firenze
10/11 Krock – Intervista con Marco Moser
11/11 Corallo – Scandiano (RE)
12/11 Circolo Bazura – Torino
13/11 Da definire – Torino
23/11 Giovane Italia – Parma
17/12 Blah Blah – Torino
18/12 Circolo Pantagruel – Casale Monferrato
24/12 La salumeria del rock – Arceto (RE) Concerto di Natale, solo covers.
17/01 Radio Blu Veneto – Padova
27/01 Il localino del Giulietti – San Marino (RSM)
04/02 Circolo Ho Chi Minh – Pistoia

Vieni com’eri

Vent’anni fa usciva Nevermind e oggi si dibatte sulla sua importanza, sul fatto che sia un disco invecchiato male, sul fatto che sia un manifesto generazionale, il tutto con una edizione deluxe che ancora non ha eguagliato quelle dei Pink Floyd con le ossa di Syd Barrett (ci arriveremo, nel 2017, per il cinquantennale di “Piper”, vedrete) ma che poco ci manca.

Io quando è uscito quel disco lì avevo 19 anni, arrivò a Radio Antenna Uno Rock Station, dove avevo cominciato a trasmettere da pochissimo ma che ascoltavo da anni. In radio avevamo TUTTI i singoli del “Sub Pop singles club” e sapevamo benissimo che sarebbe stato un disco importante perché avevamo sentito “Sliver” ed era una gran figata, più pop rispetto al primo album e quindi ti veniva voglia di ascoltarlo più spesso. Andai nella saletta di registrazione e misi su il vinile. Impazzii. Io che quello era un disco che avrebbe fatto epoca l’avevo capito subito. Che quella lì era una roba incredibile l’avevo capito subito. Non lo dico per fare il figo, è così. Quel disco è stato l’ultimo che io abbia ascoltato con quella intensità lì. Avete presente i bambini quando si piazzano davanti ad un palco e saltano e ballano, qualsiasi tipo di musica abbiano davanti? Ecco, io dopo quel disco lì ho trovato dischi migliori, più completi, più strutturati, con canzoni più belle, ma non ho trovato più niente che mi abbia dato quella sensazione lì. Ci sono dischi che me l’hanno data uguale e anche più intensa, ma PRIMA (Velvet Underground & Nico, “Kick Out the jams” degli Mc5, i dischi di Marley, i Doors…) Dopo quel disco lì, nessuno. E dire che oggi se devo dire un solo disco probabilmente direi “Spirit of Eden” dei Talk Talk, che l’ho ascoltato dopo.

Perché in quel momento lì, avevamo bisogno di quel disco lì. Anche che venisse fuori in quel modo. Ricordo che nessuno di quelli che conoscevo volle venire con me a vederli al Kryptonight di Baricella e che ci andai soltanto perché il pomeriggio stesso una ragazza di Fiorano chiamata Alessandra telefonò in radio e chiese “Qualcuno va a vedere i Nirvana e mi da un passaggio?”. Ricordo tutti quelli che ci prendevano per il culo perché due anni prima eravamo andati a vedere i R.E.M. e non Vasco Rossi (che suonava lo stesso giorno) ora mi chiedevano se “potevo fargli la cassetta dei Nirvana”. Ricordo che tutti quei metallari del cazzo con i loro capelli lunghi e il loro guardarsi tronfi facendo le facce durante i mega assoli lunghi, di colpo cambiavano i loro distorsori “Metal zone” del cazzo e si compravano un “Fuzz” come si deve. Ricordo che le belle fighe che non ti degnavano di uno sguardo e i fighettini che idem, di colpo smettevano le loro giacche e scarpe da duecentomila lire e giravano con magliette larghe, camicioni e jeans strappati e si vestivano come te. Iniziavano a frequentare gli stessi tuoi locali e ti salutavano come se fossi stato un loro fratello. Ricordo che li si guardava con diffidenza, quei bastardi figli di puttana. Perché quando per anni prendi delle sberle non ami che qualcuno poi ti piombi in casa insistendo per farti porgere l’altra guancia. Vaffanculo.

Ecco, Nevermind per me è un pezzo di vita che non ritornerà più. Oggi non lo ascolto mai, non l’ho nemmeno in cd e il vinile ce l’ha mio fratello in casa sua da quando glielo parcheggiai perché non avevo spazio. Non l’ho mai ripreso e non l’ho mai ricomprato in cd, anche quando l’ho visto a prezzi tipo 4,90 euro e dire che ho comprato cagate peggiori a prezzi ben più alti.

Il fatto è che Nevermind non è un disco, per quelli che come me (e tanti altri) che lo hanno vissuto all’epoca. Quindi, storicizzarlo non ha molto senso. Dire che “E’ invecchiato male” è un’errore. Perché “Nevemind” è un poco come…che so…la prima ragazza con la quale hai limonato duro. Torni a casa e sei gasato come non sei mai stato. E oggi il ricordo è ancora tenero e bellissimo. Ma se oggi che hai 40 anni esci con una donna e questa dopo aver limonato pesante in macchina non ti chiede di salire (e non sto parlando solo di bere qualcosa), non mi venite a raccontare che andate a casa senza che vi girino un poco le palle.

Mondo Musica

Sabato 17 suonerò alcuni brani del mio nuovo album, nonché alcune mie cose vecchie, con un impianto ai limiti dello spartano in quel del MONDO MUSICA, pregevole negozio di dischi di Veggia di Casalgrande (RE). Suonerò qualcosa e chiacchiereremo insieme di quello che vorrete, guardando vinili e scambiando considerazioni varie, così come si faceva una volta. Un sabato pomeriggio in un negozio di dischi è sempre una bellissima cosa, il consiglio è quello di farsi vivi.

Modena Uber Hellas

Eliza Botsoglou, una ragazza greca che risiede da qualche tempo a Modena perché l’amore fa girare il mondo, conduce una trasmissione su una radio ellenica chiamata RADIOBUBBLE. Nella decima puntata della sua trasmissione ha parlato della storia della musica modenese facendo ascoltare una serie di selezioni che vanno dalle Mondine di Novi, a Vasco Rossi, Caterina Caselli, l’Equipe 84… e c’è stato spazio anche per i Joe Leaman e per un brano solista del sottoscritto. Ringraziando Eliza sulla fiducia visto che in greco so soltanto contare fino a quindici e dire “grazie”, “buonasera”, “ti amo”,”ospedale” e un paio di cose da mangiare, vi posto il link della puntata: http://radiobubble.gr/el/audio/user/1343. Buon ascolto.