Informazioni su Giancarlo Frigieri

uno che suona la chitarra e canta

Dischi che mi rimetto in macchina – #1

Era il 1992 e tutti i dischi che uscivano dal Regno Unito avevano o la batteria simil funky alla Stone Roses-Charlatans-Happy Mondays oppure avevano le chitarre a manetta che grattugiavano e fischiavano, doveva ancora arrivare quella cosa che poi hanno chiamato BritPop, o magari era già arrivata ma ancora non lo chiamavamo così. Per dire, il primo album dei Blur aveva un paio di singoli (“Bang” e la meravigliosa “There’s no other way” che si ballava alla grande) che avevano la batteria alla Manchester che faceva tum tum cha tu ta tu ta tum cha.

 

Arrivò questo disco di questo gruppo che si chiamava Boo Radleys e l’album si chiamava “Everything’s alright forever”. C’erano anche dei singoli ma non me li ero mai cagati. Il disco aveva una copertina molto colorata e caleidoscopica di base arancione e dentro c’erano questi pezzi decisamente rarefatti come suono e con le voci non in primo piano e le chitarre a manetta, che quando partivano le chitarre così forte la batteria non la sentivi più.

 

Me lo registrai su una cassetta da cento minuti, 50 per lato, dall’altro penso di averci messo “Love of life” degli Swans ma potrei sbagliarmi. So che ci avevo messo un disco che volevo tanto sentire e invece quello dei Boo Radleys ce lo avevo messo tanto per metterci qualcosa, quando trasmettevo in radio capitava spesso che mi registravo dei dischi tanto per dargli una ascoltata e poi magari la settimana dopo ci registravo sopra.

 

Iniziai a sentire l’altro lato, quello con “Love of life” almeno credo e poi, una sera, dopo essermi fatto un bel cannone prima di andare a dormire, mi misi in cuffia l’album dei Boo Radleys.

 

Mi ricordo, tra le altre cose, che nel primo pezzo (Spaniard) ad un certo punto spuntava una tromba e non erano mica tanti i dischi pop che ascoltavo io dove c’era una tromba e, cosa più strana, quando entrava quella tromba lì io ho pensato subito “Vacca, senti che roba, che bello!”.

 

Poi mi ricordo che il disco scorreva via benino con qualche picco, tipo che l’ultimo pezzo del primo lato (Paradise o qualcosa del genere, dovrei ricontrollare) aveva le chitarre che ad un certo punto facevano un casino della madonna, tipo i Ride, insomma come nei dischi prodotti da Alan Moulder.

 

Poi mi ricordo che ad un certo punto c’era questa canzone che si chiamava “Song for the morning to sing” anche se io non lo sapevo, che non mi ero mica scritto i titoli, che quando è partita a metà del secondo lato io mi sono convinto che quel disco lì avrei dovuto ascoltarlo un bel po’ di volte che eravamo di fronte a un gruppo davvero bravo.

 

Poi il disco finiva, io il giorno dopo misi “Song for the morning to sing” in Radio, andando a vedere il titolo esatto sul vinile perché nel programma dovevo anche dire il titolo del pezzo.

 

L’ho ascoltato parecchio, poi tempo dopo uscì un singolo chiamato “LAZARUS” che era una specie di suite che partiva quasi reggae e poi diventava una cosa molto tipo i Beatles con una linea melodica e una introduzione di ottoni (ancora!) davvero notevole.

 

Quella canzone sarebbe stata anche, ma in una versione più corta almeno credo, nel loro secondo LP, che si chiamava “Giant Steps” come il disco di Coltrane e io me lo sentii mentre ero militare, registrato su una cassetta dove c’era soltanto quello e qualche pezzo alla fine del secondo lato di gruppi inglesi misti tipo Dr. Phibes & The House of Wax Equations o i Revolver, tanto per finire il lato.

 

Disco molto bello, più pulito del primo, penso di averlo messo come “disco dell’anno” nella playlist di fine anno mia anche se fu una cosa fatta più per compensazione del fatto di aver ascoltato il precedente dopo averlo escluso dalle playlist di fine anno e queste son cose che in radio ti senti di dover espiare.

 

Poi, qualche anno dopo, uscì “My friend Boo”.

 

Arrivai in radio con aspettative altissime e partì questa canzone che porco cane, sembrava un singolo dei Take That. Faceva schifo al cazzo. Ci rimasi malissimo. Li scaricai subito, ci misi una pietra sopra. Una roba tipo  vedere la tua ragazza che sta chiavando con un altro mentre ti ride in faccia.

 

Poi fecero un altro album, si chiamava “C’mon Kids” ma io non lo ascoltai neanche, basta. Con me avevano chiuso.

 

Ogni tanto, quando qualcuno tira in ballo i Boo Radleys, la prima canzone che salta fuori nel discorso da un sacco dei miei amici è quella merda di “Wake up Boo” e non avete idea di quanto questa cosa mi faccia incazzare.

 

(Ho deciso che tengo un solo disco in macchina alla volta, a parte quando faccio dei viaggi molto lunghi, e che ogni tanto ne parlo qui sopra. Questo è il numero uno ed è “Everything’s alright forever” dei Boo Radleys)

Data ufficiale di uscita

“I FERRI DEL MESTIERE” uscirà ufficialmente venerdì 27 settembre.

Tra le ricorrenze più importanti in questa data, la nascita di “Google” nel 1998, l’inizio delle “4 giornate di Napoli” nel 1943, l’indipendenza del Messico nel 1821.

Tra i nati in questo giorno: Jovanotti, Cosimo De Medici, Avril Lavigne, Meat Loaf.

In vinile, cd e digitale.

 

La partita

Quest’estate ho letto alcuni libri e volevo segnalare in particolare “LA PARTITA” di Piero Trellini.

E’ un libro che parla di Italia-Brasile 3-2 al mondiale spagnolo del 1982. Trellini è letteralmente ossessionato da quella partita che lui, appunto, definisce LA partita, quella per antonomasia, quella più bella di tutti i tempi, quella che guarda e riguarda e che se ne potesse guardare una sola, guarderebbe solo quella.

Sono d’accordo con lui. E’ un libro di 600 pagine che parla di quella partita, la partita comincia a pagina 429. Prima si parla di come ci si è arrivati, in tutti i sensi e da tutte le angolazioni. Trellini, nella sua ossessione, parla dell’arbitro, dei guardialinee, dei telecronisti, delle persone in tribuna stampa, dei fotografi, persino delle persone che hanno segnato il campo quel giorno (usando la calce e non il gesso, arriva ad affermare avendoli evidentemente interpellati).

Nella sua maniacale e stupenda ricostruzione, se siete malati di quel mondiale come il sottoscritto, durante la lettura potrebbe capitarvi di avere più volte i brividi che vi corrono lungo la schiena e potreste leggere quelle seicento pagine in tre giorni, come è successo a me.

E’ un libro da leggere e poi da tenere vicino al cesso, dove ogni tanto gli andrete a dare un’occhiata, fino a quando il tenerlo sempre in bagno lo trasformerà in un volume con i lati piegati e ingialliti dai segni dell’incuria e del tempo.

Un libro stupendo che però contiene due errori, che oggi ho provveduto a segnalare all’autore perché, come lui, anche io sono ossessionato dal Mundial del 1982 (anche se meno di lui).

Non vi dico quali sono. Trovateli, leggete questo libro. Vi piacerà.

Tracklist

La tracklist del mio nuovo album “I ferri del mestiere” che uscirà in autunno:

 

  1. Bastiglia
  2. Lungomare
  3. Spiritosi
  4. Speriamo che sia lei
  5. Abito da sera
  6. La guerra degli affetti
  7. Notte bianca
  8. Tradimento
  9. L’altra canzone del sole

9 canzoni, 46 minuti di musica. Sia in vinile che in cd, su etichetta New Model Label.

Il disco nuovo – qualche anticipazione

Il mio nuovo album si chiamerà “I ferri del mestiere” e uscirà in autunno 2019 per la New Model Label di Govind Khurana e Linda Lorraine Larsen.

E’ stato registrato tra il 20 e il 24 Maggio 2019 al Bunker Recording Studio di Rubiera (RE) da Gabriele Riccioni e Lorenzo Iori.

Lorenzo ha suonato anche il violino in due pezzi.

Alcuni amici hanno fatto un coro in un pezzo.

Il Dottor Manicardi ha fatto “plin plin plin” in una canzone con il pianoforte per una ventina di secondi.

Cesare Anceschi ha suonato la batteria in tutto il disco.

Io ho suonato tutto il resto, vale a dire chitarre elettriche, chitarra acustica, basso, Organo, Piano elettrico Fender Rhodes, tamburelli, cowbell, oltre naturalmente a cantare.

Sarà un disco prevalentemente chitarristico, non ci saranno pezzi senza la batteria. Le chitarre saranno soprattutto elettriche e quasi sempre saranno suonate senza nessun tipo di effetto.

Per i feticisti di questo tipo di cose, la chitarra acustica usata è la Sangirardi e Cavicchi nr 17, una Small Jumbo di Liuteria fatta appositamente per me che già avevo usato nel disco precedente.

Le chitarre elettriche invece sono principalmente le mie due Fender Telecaster. Una è la mia storica Tele giapponese del 1986 e l’altra è una American Special che ho comprato circa una decina di anni fa.

Ho anche usato per alcuni assoli la mia Fender Toronado e una Fender Stratocaster di proprietà dello studio con la quale mi sono trovato davvero molto bene.

Gli unici effetti usati, principalmente per qualche assolo, sono stati un overdrive e un delay della Earthtone, che è una ditta di Sassuolo che fa degli effetti per chitarra davvero notevoli.

E’ stato usato anche un wah wah in una canzone. Per il resto, tutte le chitarre sono pulite e per ottenere un suono distorto abbiamo utilizzato soltanto la naturale saturazione del mio amplificatore Supro Thunderbolt 6420 che è stato l’unico amplificatore utilizzato per le chitarre ed il vero protagonista del disco, almeno secondo me.

Il basso era uno Squier Precision e non ricordo in che amplificatore lo abbiamo messo ma aveva un gran bel suono.

La batteria è stata accordata in maniera decisamente particolare visto che abbiamo tirato parecchio la pelle del rullante e poi abbiamo (questa è la vera stranezza) fatto in modo che il suono del tom fosse più grave di quello del timpano, che è una discreta follia. Per i piatti della batteria ci sarebbe da fare un discorso a parte per lo straordinario RIDE della batteria di Cico ma lo dovrebbe fare lui, in quanto il discorso comincerebbe con lui che dice “Questo non è un RIDE. E’ UN PIATTO” perché in effetti non è propriamente un Ride.

Ci sono pochissimi raddoppi di voce, di solito ne facevo un sacco e invece questa volta no. Non credo ci sia un singolo raddoppio di acustica, forse solo in un pezzo e di solito ne facevo SEMPRE.

Insomma, anche se per molti sarà “Il solito disco di Frigieri” per me è un disco piuttosto diverso dal solito e devo dire ne sono parecchio contento.

 

Il disco conterrà 9 canzoni, i titoli ve li dico un’altra volta.

Ho registrato 10 canzoni nuove e ho capito alcune cose

Ho voglia di comprare una Fender Stratocaster. Mica subito, ma ho voglia di cominciare a guardarci e poi, forse tra un anno o due, di comprarmi una Stratocaster. Non ho mai avuto una Stratocaster. Sono sempre stato un Telecasterista. Chiaramente bisognerà trovare quella giusta, quindi la cosa impiegherà anni.

Ho voglia di ricominciare ad esercitarmi con la chitarra. Per conto mio, ma mi sono reso conto che suono poco da parecchio tempo e che invece una volta stavo quasi per diventare un chitarrista decente, di quelli che uno li guarda e pensa “Quello è un chitarrista”.

Ho voglia di scrivere più canzoni. Tante. Ho voglia di scriverne un casino, proprio un casino. Anche brutte, anche venute male e poi lasciarle lì, poi riscriverne ancora.

Ho capito che voglio fregarmene ancora di più di quel che va di moda o di quel che si deve fare e che devo soltanto scrivere, suonare, scrivere, suonare.

Ma soprattutto, ho capito che non smetterò mai.

E’ incredibile come questa cosa mi faccia sentire bene.