Era il 1992 e tutti i dischi che uscivano dal Regno Unito avevano o la batteria simil funky alla Stone Roses-Charlatans-Happy Mondays oppure avevano le chitarre a manetta che grattugiavano e fischiavano, doveva ancora arrivare quella cosa che poi hanno chiamato BritPop, o magari era già arrivata ma ancora non lo chiamavamo così. Per dire, il primo album dei Blur aveva un paio di singoli (“Bang” e la meravigliosa “There’s no other way” che si ballava alla grande) che avevano la batteria alla Manchester che faceva tum tum cha tu ta tu ta tum cha.
Arrivò questo disco di questo gruppo che si chiamava Boo Radleys e l’album si chiamava “Everything’s alright forever”. C’erano anche dei singoli ma non me li ero mai cagati. Il disco aveva una copertina molto colorata e caleidoscopica di base arancione e dentro c’erano questi pezzi decisamente rarefatti come suono e con le voci non in primo piano e le chitarre a manetta, che quando partivano le chitarre così forte la batteria non la sentivi più.
Me lo registrai su una cassetta da cento minuti, 50 per lato, dall’altro penso di averci messo “Love of life” degli Swans ma potrei sbagliarmi. So che ci avevo messo un disco che volevo tanto sentire e invece quello dei Boo Radleys ce lo avevo messo tanto per metterci qualcosa, quando trasmettevo in radio capitava spesso che mi registravo dei dischi tanto per dargli una ascoltata e poi magari la settimana dopo ci registravo sopra.
Iniziai a sentire l’altro lato, quello con “Love of life” almeno credo e poi, una sera, dopo essermi fatto un bel cannone prima di andare a dormire, mi misi in cuffia l’album dei Boo Radleys.
Mi ricordo, tra le altre cose, che nel primo pezzo (Spaniard) ad un certo punto spuntava una tromba e non erano mica tanti i dischi pop che ascoltavo io dove c’era una tromba e, cosa più strana, quando entrava quella tromba lì io ho pensato subito “Vacca, senti che roba, che bello!”.
Poi mi ricordo che il disco scorreva via benino con qualche picco, tipo che l’ultimo pezzo del primo lato (Paradise o qualcosa del genere, dovrei ricontrollare) aveva le chitarre che ad un certo punto facevano un casino della madonna, tipo i Ride, insomma come nei dischi prodotti da Alan Moulder.
Poi mi ricordo che ad un certo punto c’era questa canzone che si chiamava “Song for the morning to sing” anche se io non lo sapevo, che non mi ero mica scritto i titoli, che quando è partita a metà del secondo lato io mi sono convinto che quel disco lì avrei dovuto ascoltarlo un bel po’ di volte che eravamo di fronte a un gruppo davvero bravo.
Poi il disco finiva, io il giorno dopo misi “Song for the morning to sing” in Radio, andando a vedere il titolo esatto sul vinile perché nel programma dovevo anche dire il titolo del pezzo.
L’ho ascoltato parecchio, poi tempo dopo uscì un singolo chiamato “LAZARUS” che era una specie di suite che partiva quasi reggae e poi diventava una cosa molto tipo i Beatles con una linea melodica e una introduzione di ottoni (ancora!) davvero notevole.
Quella canzone sarebbe stata anche, ma in una versione più corta almeno credo, nel loro secondo LP, che si chiamava “Giant Steps” come il disco di Coltrane e io me lo sentii mentre ero militare, registrato su una cassetta dove c’era soltanto quello e qualche pezzo alla fine del secondo lato di gruppi inglesi misti tipo Dr. Phibes & The House of Wax Equations o i Revolver, tanto per finire il lato.
Disco molto bello, più pulito del primo, penso di averlo messo come “disco dell’anno” nella playlist di fine anno mia anche se fu una cosa fatta più per compensazione del fatto di aver ascoltato il precedente dopo averlo escluso dalle playlist di fine anno e queste son cose che in radio ti senti di dover espiare.
Poi, qualche anno dopo, uscì “My friend Boo”.
Arrivai in radio con aspettative altissime e partì questa canzone che porco cane, sembrava un singolo dei Take That. Faceva schifo al cazzo. Ci rimasi malissimo. Li scaricai subito, ci misi una pietra sopra. Una roba tipo vedere la tua ragazza che sta chiavando con un altro mentre ti ride in faccia.
Poi fecero un altro album, si chiamava “C’mon Kids” ma io non lo ascoltai neanche, basta. Con me avevano chiuso.
Ogni tanto, quando qualcuno tira in ballo i Boo Radleys, la prima canzone che salta fuori nel discorso da un sacco dei miei amici è quella merda di “Wake up Boo” e non avete idea di quanto questa cosa mi faccia incazzare.
(Ho deciso che tengo un solo disco in macchina alla volta, a parte quando faccio dei viaggi molto lunghi, e che ogni tanto ne parlo qui sopra. Questo è il numero uno ed è “Everything’s alright forever” dei Boo Radleys)