La partita

Quest’estate ho letto alcuni libri e volevo segnalare in particolare “LA PARTITA” di Piero Trellini.

E’ un libro che parla di Italia-Brasile 3-2 al mondiale spagnolo del 1982. Trellini è letteralmente ossessionato da quella partita che lui, appunto, definisce LA partita, quella per antonomasia, quella più bella di tutti i tempi, quella che guarda e riguarda e che se ne potesse guardare una sola, guarderebbe solo quella.

Sono d’accordo con lui. E’ un libro di 600 pagine che parla di quella partita, la partita comincia a pagina 429. Prima si parla di come ci si è arrivati, in tutti i sensi e da tutte le angolazioni. Trellini, nella sua ossessione, parla dell’arbitro, dei guardialinee, dei telecronisti, delle persone in tribuna stampa, dei fotografi, persino delle persone che hanno segnato il campo quel giorno (usando la calce e non il gesso, arriva ad affermare avendoli evidentemente interpellati).

Nella sua maniacale e stupenda ricostruzione, se siete malati di quel mondiale come il sottoscritto, durante la lettura potrebbe capitarvi di avere più volte i brividi che vi corrono lungo la schiena e potreste leggere quelle seicento pagine in tre giorni, come è successo a me.

E’ un libro da leggere e poi da tenere vicino al cesso, dove ogni tanto gli andrete a dare un’occhiata, fino a quando il tenerlo sempre in bagno lo trasformerà in un volume con i lati piegati e ingialliti dai segni dell’incuria e del tempo.

Un libro stupendo che però contiene due errori, che oggi ho provveduto a segnalare all’autore perché, come lui, anche io sono ossessionato dal Mundial del 1982 (anche se meno di lui).

Non vi dico quali sono. Trovateli, leggete questo libro. Vi piacerà.

Ho registrato 10 canzoni nuove e ho capito alcune cose

Ho voglia di comprare una Fender Stratocaster. Mica subito, ma ho voglia di cominciare a guardarci e poi, forse tra un anno o due, di comprarmi una Stratocaster. Non ho mai avuto una Stratocaster. Sono sempre stato un Telecasterista. Chiaramente bisognerà trovare quella giusta, quindi la cosa impiegherà anni.

Ho voglia di ricominciare ad esercitarmi con la chitarra. Per conto mio, ma mi sono reso conto che suono poco da parecchio tempo e che invece una volta stavo quasi per diventare un chitarrista decente, di quelli che uno li guarda e pensa “Quello è un chitarrista”.

Ho voglia di scrivere più canzoni. Tante. Ho voglia di scriverne un casino, proprio un casino. Anche brutte, anche venute male e poi lasciarle lì, poi riscriverne ancora.

Ho capito che voglio fregarmene ancora di più di quel che va di moda o di quel che si deve fare e che devo soltanto scrivere, suonare, scrivere, suonare.

Ma soprattutto, ho capito che non smetterò mai.

E’ incredibile come questa cosa mi faccia sentire bene.

Titolo di studio

Ieri il mio batterista di studio, che risponde al nome di Cesare Anceschi ma per tutti noi è semplicemente CICO, ha incontrato un mio (e suo) fan in giro per Scandiano.

Il fan in questione ha pensato bene di chiedergli quando uscirà il mio nuovo album, visto che è un poco che non mi si sente e che era abituato a dei ritmi più serrati per le mie pubblicazioni.

Cico a quel punto gli ha spiegato che tra non moltissimo, non sappiamo bene quando, andremo comunque in studio a registrare il nuovo disco e quindi ancora non si sa di preciso, ma vedrai che entro il 2020 è pubblicato sicuro.

Poi, mentre parlavano, il fan in questione cercava di capire qualcosa di più sul nuovo disco e sul nuovo materiale.

A quel punto Cico ha provato a sbottonarsi un poco e, come fa spesso quando non resiste a fare il buontempone, ha detto al fan che “Il disco nuovo comunque ha già un titolo”. Il che è vero, badate bene.

Solo che Cico ha pensato bene, mentre lo diceva, di inventarsi a caso il titolo del disco nuovo. Quindi, ha detto, “Il disco si chiamerà SONO STATO SULLA LUNA”.

Il fan, a quel punto, ha risposto “Eh, in effetti Frigieri ha sempre dei titoli molto belli”.

Seno, coseno, tangente (La quadratura del cerchio)

Una cosa che si dice sempre di Sanremo tra noi finti alternativi che suoniamo nei localini da poco è che per andare a Sanremo non è mica che si facciano davvero delle selezioni. In realtà per andare là, diciamo noi, si paga perché è tutto truccato, tutta una mafia. Lo diciamo chiunque sia il direttore artistico del Festival. Nel corso degli anni di queste chiacchiere fatte durante i soundcheck, mentre si mangia un hamburger e una birra in un pub di provincia dove tra poco suoneremo davanti a venti persone o in un centro sociale con la pizza fredda, tra i vari gruppi e sedicenti artisti indipendenti questi discorsi sono stati fatti migliaia di volte.

I più esperti e scafati, quelli più anziani oppure quelli più rancorosi, sono arrivati ad avere anche una specie di borsino. Nel senso che ti raccontano, sempre sottovoce, che hanno sentito dire che tot anni fa quando ci sono andati i (nome del gruppo) la quota della tangente era di (un numero, ogni volta diverso anche se si parla della stessa edizione).

Ecco, a me che quest’anno vedo che ci sono tante persone sul palco con le quali ho suonato anche io e con le quali ci siamo scambiati chiacchiere, confessioni, timori e speranze, mi verrebbe da chiedere a questi qui:

“Ma quindi, esattamente, la tangente che avete pagato, di quanto era?”

E poi vedere cosa mi rispondono.

Il nazista dentro di noi

Secondo me paragonare la deportazione degli ebrei nel regime nazista e il trattamento che ricevono gli africani in Italia è una cosa sbagliata perché ci sono tantissime divergenze e la cosa comune è solo che ultimamente è pieno di razzisti di merda che si sentono autorizzati a fare la voce grossa e sparare cazzate.

Che non è mica poco, sia chiaro.

Secondo me c’è anche troppa Memoria, con la M maiuscola, come la chiamava Luca Rastello. C’è molta Memoria e poca memoria, con la m minuscola.

Se leggendo queste righe la prima cosa che pensi è che sono state scritte il 28 e la giornata della memoria è il 27 gennaio, allora sei parte del problema. Ci vuole memoria e precisione, il più possibile. Il nazista che abbiamo dentro ci mette un attimo.

 

Il cane di Heidi

Ci sono dei giorni che qui, nella pianura padana, c’è nebbia fitta fitta e si arriva a non vedere nemmeno a dieci metri da te.

E questo per giorni.

Poi, come è arrivata, la nebbia a volte sparisce e di colpo si vede tutto.

La nebbia va proprio via del tutto. Che a uno normale gli sembra una cosa normale, ma se sei nato in Emilia sai che è un evento incredibile ed esci da lavorare, come sono uscito io due minuti fa, che vedi tutto chiarissimo e vedi gli edifici, le macchine che vanno, riesci anche a leggere le targhe da lontano.

Consigli per gli acquisti

Avete presente quando comprate qualcosa su Amazon e dopo vi arrivano i consigli via mail su cosa comprare?

Per dire, oggi a me ha consigliato di comprare “Marquée Moon” dei Television.

Ogni volta che mi arrivano dei consigli del genere, tipo che secondo lui dovrei comprare “White Light/White Heat” dei Velvet Underground o “In the court of the Crimson King” o robe così, mi sale sempre il complottismo e mi viene da andare a controllare nella parete di casa mia piena di dischi per vedere se sono venuti in casa a rubarmelo.

Ci sei o ci fai?

Oggi un mio collega voleva dirmi che ha una zia suora.

Finora avevo sempre sentito dire che una persona fosse una suora, vale a dire che se uno mi diceva che aveva una zia suora, mi diceva “Ho una zia che è una suora” o al limite una zia che “si è fatta suora”.

Lui oggi mi ha detto “Ho una zia che FA la suora”.

Mi è sembrata una differenza fondamentale. Sua zia non è una suora. LA FA.

D’ora in poi mi sa che lo uso sempre e volevo invitare chiunque a fare altrettanto.