L’autunno del 1992 di colpo vide lo sciopero del monopolio tabacchi.
Non avevamo capito subito cosa avrebbe significato. Io fumavo da tre anni, non avevo idea di essere completamente dipendente dalle sigarette al punto di esserlo anche dalle mie sigarette preferite. Avevo cominciato con le Marlboro Rosse a 17 anni, poi ero passato brevemente alle Lucky Strike per poi virare verso le Diana Rosse, che assomigliavano alle Marlboro e costavano molto ma molto meno.
Poi di colpo il monopolio tabacchi fece sciopero. Le sigarette iniziarono a diventare introvabili. Inizialmente iniziavano a diventare introvabili le marche più usate e ti dovevi sciroppare le marche più scrause. Iniziavi a sentire dei nomi che manco sapevi che esistessero. Passi per fumarsi le Milde Sorte (una stecca comprata all’inizio dello sciopero, quando ancora non avevamo capito come sarebbe andata a finire, mi salvò per due settimane circa), ma quando arrivi a fumarti le ALFA e le Nazionali, capivi che erano cazzi da cagare.
Poi si passò al trinciato forte messo nelle cartine. Ad un certo punto c’era solo quello. Tabacco schifoso che ti rullavi nelle cartine. Quando incontravi uno che fumava una sigaretta vera lo guardavi come se fosse stato uno che ti sbandierava in faccia che lui aveva il Porsche Carrera e tu una Panda.
Ricordo che si andava a fare le macchinate, tra fumatori, nei paesini di montagna. Perché nei paesini di montagna le sigarette andavano via più lentamente e quindi trovavi dei bar tabacchi che ne avevano ancora. Macchine cariche di 5 persone, spesso due macchine. Si partiva e quando si avvistava una “T” bianca su sfondo nero dopo 6 km di tornanti sentivi salire nel petto la speranza. Poi entravi e scoprivi che le davano razionate. Tipo che ne vendevano ad una singola persona non più di un pacchetto. Allora si parcheggiava a un centinaio di metri di distanza, si entrava uno alla volta, se un non fumatore aveva deciso di unirsi alla banda anche lui doveva entrare e comprarsi delle sigarette per la comunità e sarebbe stato premiato offrendogli da bere una volta ritornati a casa.
Ricordo che quando si usciva dal bar tabacchi di montagna dopo in macchina si dividevano le sigarette, nel caso che ne fosse risultato meno di un pacchetto a testa. Sembravamo degli eroinomani.
Lo sciopero intanto andava avanti, ormai anche il trinciato forte era un lusso e lo razionavi, fumando il meno possibile fin quando proprio non ne potevi più. C’erano scene veramente patetiche, da parte di fumatori pluridecennali che ti insultavano quando ti chiedevano una sigaretta e tu dicevi “NO”, perché magari ne avevi quattro e non sapevi fino a quando ci avresti dovuto tirare avanti.
In una fase ancora embrionale di questo tracollo psicologico e morale di stampo paraproibizionista, i più abbienti arrivavano ad avere le sigarette che fumavano loro e quelle da offrire. Più tardi avrebbero anche loro pagato pegno, arrivando ad avere un unico pacchetto vecchio che avevano tenuto per conservare una sigaretta o due di varie marche. Quindi capitava che assistessi a frasi del tipo “Ti posso dare due PAK AL MENTOLO per una NAZIONALE”. Chi aveva amici stranieri se le faceva spedire di contrabbando.
Arrivò Natale e ancora la situazione non si era sbloccata, le sigarette non si trovavano, le scene di cui sopra all’ordine del giorno. La sera della vigilia di Natale andai a trasmettere a Radio Antenna Uno per lo speciale natalizio, poi tornai a casa per cenare. Non facevamo un cenone alla vigilia, non lo abbiamo mai fatto. Ricordo che mangiammo gli spaghetti al tonno, che mia madre fa degli spaghetti al tonno che secondo me se il tonno sapesse che finisce lì dentro sarebbe talmente orgoglioso che si consegnerebbe ai pescatori di sua spontanea volontà.
Poi mia madre mi disse “Toh, il tuo regalo”. Era tempo che i regali non ce li facevamo praticamente più, ma mia madre finiva sempre per tirare fuori qualcosa. Un accappatoio, un maglione di lana, cose così. Quell’anno mi passò questo coso incartato in una roba rossa. Strappai e la vidi.
Una stecca di Marlboro rosse.
“Le ho comprate un poco di tempo fa, non appena è iniziato lo sciopero. Le ho tenute lì nascoste”.
Ne fumai una subito. Poi mi sistemai, andai in bar dove ci trovavamo sempre, con tre pacchetti. Uno in tasca a me e due che buttai sul tavolone dove si riuniva la mia compagnia, dicendo “Ragazzi, non litigate, buon Natale”.
Mi sentivo come Marlon Brando ne “Il padrino”, o qualcosa del genere.
E’ stato il Natale più bello della mia vita.