Premessa: Non ho niente contro la modernità, le idee nuove, i cambiamenti in un sistema. Mi trovo pienamente d’accordo con chi dice che “Le tradizioni sono soltanto innovazioni riuscite molto bene”. Le prese di posizione ideologiche le odio. Ma odio anche le prese per il culo e ultimamente mi è venuta in mente la battuta del pollo quando ho sentito questa parola: CROWDFUNDING.
“Crowdche?” qualcuno si sarà chiesto. Ecco, già qui…Il Crowdfunding è il nome che gli americani hanno dato ad una pratica vecchia come il mondo. Una volta si chiamava COLLETTA. Solo che, come dice Guccini nell’introduzione di “Statale 17” nel live con i Nomadi (andatevela a sentire, si ride) “Gli americani ci fregano con la lingua”.
In pratica, applicato in campo musicale, gli artisti o sedicenti tali manifestano l’intenzione di partire con un progetto (un album, un video, le magliette della band, qualsiasi cosa) e chiedono, tramite agenzia (particolare non di poco conto) un finanziamento ai loro fan o a chiunque passi di lì. In cambio offrono cose come chiacchierate via skype, copie dei dischi autografate con dedica, accessi al backstage dei concerti e agli studi di registrazione, cene con la band, crediti sui dischi, eccetera.
Ecco, la cosa che mi inquieta è che ci siano delle agenzie che fanno questa cosa qui. In pratica invece di chiedere i soldi tu, loro ti fanno da cassa di risonanza e per questo servizio si tengono il 15% di quanto corrisposto dai fan.
Se il progetto non va a buon fine non si fa niente e si ridanno i soldi indietro. Il tutto in nome della partecipazione diretta del fan e del legame rafforzato con l’artista, ça va sans dire.
Ora, non è che ci sia niente di male a chiedere dei soldi, anche se i nostri genitori hanno sempre sperato che non fossimo costretti a fare l’elemosina per campare e anche noi speriamo lo stesso per i nostri figli.
I punti che mi lasciano perplesso sono altri e li vado ad elencare.
1. Non mi piace che chi ti chiede dei soldi faccia passare la cosa come un favore che lui ti fa, “per farti partecipare”. Se vuoi partecipare alle spese di un disco, lo compri. Che infatti è quello che fai anche con il “crowdfunding”.
2. Non conosco NESSUNA ditta in nessun rapporto meramente commerciale che arrivi ad avere la faccia tosta di ricompensare i propri clienti più affezionati riducendo loro i termini di pagamento. Sia che vendiate piastrelle, profilati in alluminio, piante, dischi o quello che vi pare…ma ve lo immaginate un fornitore dire ad un cliente “Guarda, solo perché sei tu ti faccio un trattamento speciale. Ti ricordi che pagavi sempre a consegna ricevimento merce? Bene, da oggi puoi pagare anticipato. Ma se fallisco ti ridò i soldi, non preoccuparti”. Se qualsiasi cliente si sente fare una proposta del genere penso che cambierà fornitore in meno di dieci secondi. Il fatto di “sentirsi partecipe” mi sembra la classica pacca sulla spalla che il venditore ti dà mentre ti sta abbindolando.
3. I vantaggi per i fan: accessi al backstage, chiacchierate esclusive via skype, crediti sui dischi, copie autografate, persino un indumento del cantante. Tralasciando il feticismo malato (viene in mente quello che frugava nella spazzatura di Bob Dylan e da lì a Mark Chapman il passo non mi sembra così lungo), ho riflettuto su una cosa. Ma tutte queste cose, si pagano? Un gruppo che si definisce “indipendente” (ecco perché dico che oggi questa parola si usa a sproposito e sarebbe meglio dire “povero”) certe cose non dovrebbe concederle gratis, secondo la propria coscienza?
I crediti sui dischi: ci mancherebbe altro che non mi ringrazi, ti sto pagando in anticipo e magari farai un disco che mi fa schifo.
Chiacchierate esclusive via Skype: In pratica da domani se vuoi parlare con i (riempite voi lo spazio) lo fai a pagamento, come negli 144 e nei telefoni erotici. Se paghi allora parli con me, altrimenti ciccia. “Finito soldi, finito amore”.
Accessi al backstage: A parte che i backstage del circuito indipendente sono difficili da sfondare come un panetto di burro per una katana, capisco che magari vuoi esser lasciato solo oppure hai voglia di fare due chiacchiere dopo due minuti che sono lì. Deve essere proprio il soldo a regolare questa pratica?
Autografi sui dischi: In pratica un poco come se dopo un concerto comprate il cd e alla richiesta “Ciao, mi puoi fare la dedica?” vi rispondono “Hai cacciato la grana?”.
Un’altra cosa che stupisce è l’entità dei finanziamenti, roba che il microcredito in India sembra un mutuo per la casa, a confronto.
Infatti non si fa che ripetere da tempo che oggi fare un disco è alla portata di tutti visto la riduzione dei costi di registrazione e la tecnologia in ogni casa e blah blah blah. Ed è vero, badate bene. Non a caso oggi tutti stampiamo cd, cosa che una volta era impensabile. Così capita di vedere gruppi di 4,5,6 persone che chiedono finanziamenti di 500-1000 euro. Se siete un quintetto e chiedete 1000 euro, per dire… Possibile che non abbiate 200 euro a testa da spendere in un progetto al quale sembrate credere così tanto?
Ve lo dice uno che ha investito soldi da solo nel primo album in italiano e da allora pubblica un disco all’anno riutilizzando i soldi della propria attività concertistica. Che quando gli chiedono un autografo (succede, incredibile vero?) è contento come una pasqua e lo fa con gioia, senza chiedere soldi a nessuno. Che va a cena con chi vuole, non con chi anticipa i soldi per lui. Che le chiacchierate via skype le fa con chi gli sta simpatico. E’ così difficile?
Ma ammettiamo che questi soldi effettivamente non ci siano. Che i vari gruppi coinvolti siano indigenti e non riescano a superare la soglia della povertà.
Come ho già detto non c’è niente di male a chiedere dei soldi se ci si trova con le pezze al culo.
Ma chiamatela “elemosina”, la stessa che si chiede ai bordi della strada, non fatelo passare per un favore. La zingara davanti al supermercato non lo fa, mal che vada si mette un cartello con scritto “Devo mangiare”. E’ più onesto.
Quanto al giusto nome per chi fa la cresta del 15% su chi chiede l’elemosina trovatelo voi, io di beccarmi una querela non ne ho voglia.
Forse una cosa buona, questa iniziativa però ce l’ha. Far si che non venga più rivolta la noiosissima domanda “Ma tu campi di musica o hai anche un altro lavoro?”. In questo potrebbe essere un’opera meritoria. Se volete un consiglio, però, qualora abbiate aderito a uno di questi progetti e sentire odore di pollo alla diavola, controllate di non avere uno spiedo infilato da qualche parte.
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