Ho fatto il servizio militare.
E sti cazzi, si lo so.
Ho fatto il servizio militare quando era ancora obbligatorio. Quando dico questa cosa qui mi sento dire per il 99% delle volte “Tu? Non lo avrei mai detto.” Sono partito dalla stazione di Modena il 19 Agosto dell’anno di grazia 1993 verso Trieste, primo reggimento fanteria San Giusto. All’epoca c’era la guerra in Jugoslavia, anzi in Iugoslavia con la I, come era scritto sui cartelli stradali di Trieste appena usciti dalla stazione e montati in cima al pullmann che ti portava in caserma. Primo Reggimento Fanteria “San Giusto”. Quando arrivi il primo giorno e vedi dei cartelli con scritto “Iugoslavia” bianchi e blu come quelli dove a casa tua vedi scritto paesini come “Portile” oppure “Prignano sulla Secchia” qualche brivido lungo la schiena ti viene. E quando arrivi in caserma e senti dire “Il primo che fa casino lo mandiamo in Iugoslavia” finisce che stai zitto. Quelli che oggi dicono che loro non hanno pensato “E’ meglio che sto zitto” neanche per un attimo, erano quelli che non respiravano neanche per paura di finire oltre la dogana di Fernetti. Finì che ci andammo a sparare, in iugoslavia. Un’esercitazione al poligono dove sparavamo e tiravamo bombe a mano, perché ogni tanto bisogna pur distrarsi con un sano divertimento virile, finì per portarci esattamente sul confine e alcuni di noi che erano andati in ricognizione il giorno precedente a piantonare la zona si trovarono accanto ad un villaggio dove in agosto c’era una festa popolare e finirono per andare a bere qualcosa con le ragazze del posto. Dopo il periodo al Centro Addestramento Reclute ci fecero giurare (quelli che dicono di aver detto cose diverse da “Lo giuro” vanno inscritti nella categoria dei mentitori patologici, gente che ha una vita talmente noiosa che è costretta a inventarsi balle su queste cose qui) e dopo qualche giorno fui mandato a Montorio Veronese, 14° Reggimento Autieri di non so che cazzo, Caserma DUCA. Una roba enorme di 8 km di perimetro con 14000 (quattordicimila, porco mondo) persone. Dopo 6 giorni chiamarono il mio nome a parte in adunata e venni trasferito ad una caserma che non conoscevo per niente. In tanti nei giorni precedenti erano stati trasferiti in parecchi posti, in tanti erano stati trasferiti a Padova ma tutti in due caserme chiamate “Salomone” dove si diceva che si stava benissimo e in una chiamata “Pierobon”, dove si diceva che “facevi i botti” (che significa che ti saresti fatto il culo come una capanna) perché era una caserma operativa. Sul mio foglio di via c’era scritta una roba che non ricordo. Ricordo solo che non si capiva dove fosse e quando lo chiedevo nessuno me lo sapeva dire, neanche tra gli “anziani”. In molti iniziarono a dire “E’ la Pierobon” e visto che basta che uno dica una stronzata convinto che tutti gli vanno dietro, in breve tempo quella sembrò a tutti (me compreso) l’opzione decisamente più probabile. Andai a Padova con una certa dose di disperazione. Alla “Duca” mi ero portato la chitarra acustica dietro, convinto che sarei stato sempre lì. Ora mi toccava partire e arrivare da “rospo” in una caserma operativa con una chitarra in mano. L’ideale per venire preso di mira subito. Partii, comunque. Quando arrivai alla Pierobon il tipo che c’era in porta centrale mi disse “Guarda che non è mica qui, che devi venire. Devi andare alla Caserma ROMAGNOLI. E’ 300 metri più avanti, sulla sinistra” (Imparai presto che a Padova c’erano più caserme che bar, a momenti. Arrivai a questa “Romagnoli” carico di speranze e incertezze. Intanto la Pierobon era schivata, ma chissà cosa mi toccava, pensavo. Entrai in porta centrale con gli zaini e la chitarra nella custodia. Mi fecero aspettare in porta centrale dove stava montando la guardia e il capoposto era un sergente maggiore con i riccioli biondi. Avevano tutti mimetiche sporchissime e il tipo mi ricordava vagamente MASH (la serie televisiva non il film. Non chiedetemi perché ma questo particolare mi sembra degno di nota). Mentre aspettavo in rigoroso silenzio il capoposto vide che ero piuttosto ingessato e quindi mi disse di sedermi e rilassarmi, poi mi prese la chitarra e disse “Questa qui è requisita”. Ora, io non so se avete presente quando mi dicono che mi prendono la chitarra e chissà cosa le succede e che io magari me la ritrovo in due pezzi. Il mio sguardo si fece serio, non dissi niente ma stavo all’erta. Poi il sergente tirò fuori lo strumento dalla custodia e abbozzò due o tre accordi. A quel punto il corpo di guardia si elettrizzò per le mirabolanti imprese chitarristiche del ricciolone, commentando come solo in una caserma si può dire. Dopo quei tre o quattro accordi il sergente mi guardò e mi disse “Ma la sai suonare?”. Io risposi di sì, un poco intimidito. Lui mi disse “Di Neil Young sai qualcosa?”. Risposi di nuovo di sì e questa volta feci partire un sorriso decisamente sollevato e complice. A quel punto il biondo fece tacere l’intero corpo di guardia e poi disse “Suonami un pezzo di Neil Young, sentiamo.”. Io chiusi gli occhi e suonai seduta stante e senza pensarci due volte “The needle & the damage done”. Ora, non per fare il figo, ma io la faccio dannatamente bene o almeno la facevo dannatamente bene nell’inverno del 1993. Ricordo che durante quell’estemporanea esecuzione non volò una mosca e alla fine partì addirittura l’applauso. Il sergente ci rimase di sasso e cominciò a richiedere un pezzo di Dylan, poi arrivò quello che chiedeva l’immancabile “Wish you were here” dei Floyd, poi si passò a Vasco Rossi (Conoscere canzoni di Vasco Rossi in situazione di aggregazione forzata aiuta tantissimo a ottenere protezione, se avete in mente di commettere un crimine e avete paura di venire beccati e finire in galera consiglio di metterne sotto almeno cinque o sei) e poi tutto quel che capitava. Fortuna che io ad orecchio giro abbastanza bene. Restai fino al giorno prima del congedo (che ritirai a Montorio Veronese il 6 agosto 1994, 49 anni esatti dopo Hiroshima) alla Caserma Romagnoli, dove venivo spesso scelto per fare i picchetti d’onore all’esterno perché prendevano i più alti, ché “bisogna far vedere che i soldati sono tutti alti che altezza è mezza bellezza” (Questa la diceva un tenente che fuori dall’esercito non avrebbe trovato lavoro neanche come “spugnetta per francobolli”). Il primo di questi picchetti lo feci il giorno 4 Novembre, quando quel figlio di buona donna del Capitano Volpe (Salve Capitano, se sei ancora vivo, spero che tu abbia male ad un ginocchio per 10 minuti al giorno e ti venga in mente il mio nome) mi revocò una licenza perché ero alto e mi mandò a fare un picchetto d’onore a Villa Pace, esattamente dove il 4 Novembre di 75 anni prima era stato firmato l’armistizio della prima guerra mondiale.
(Ringrazio ogni singolo soldato dell’esercito per farsi uccidere al posto mio per ogni controversa geopolitica che coinvolge questo paese. Con quello che costate, soprattutto dopo tutte le ruberie e sprechi e inettitudini viste in un anno di militare, mi sento di poter dire che con un “grazie” siamo pari. Sabato 10 Novembre 2012 alle 15:30 suono a Fontana di Rubiera per 30 minuti, facendo soltanto pezzi di Neil Young, per festeggiarne il compleanno. Alla sera sono vicinissimo alla stazione dei treni di San Felice sul Panaro, in quel gran posto chiamato IL PASTEGGIO A LIVELLO, che con il mio servizio militare non c’entra nulla, ma ci terrei molto che veniste.)