Fabrizio Zampighi ha curato la recensione di “Togliamoci il pensiero” su Sentireascoltare.com, il magazine che aveva ospitato l’anteprima esclusiva in streaming del disco. Eccovi la sua recensione e, sotto, l’intervista che gli ho fatto in merito. Buona lettura.
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Si definisce un cantante “povero”, Giancarlo Frigieri, facendo torto a sé stesso. Anche se un mood involontariamente scompigliato lo cogli davvero in una poetica che rimane comunque riconoscibile, per certi versi tradizionale, innegabilmente autarchica. Quinto disco in carniere e un immaginario sonoro in bilico tra rock ad ampio spettro e Giorgio Gaber, Francesco Guccini e Pierangelo Bertoli, ma anche, per dire, un Mauro Mercatanti dei tempi di Infedele alla linea. Tanto per sottolineare che qui di laccature ordinarie e ben codificabili legate a una riscoperta à la page della canzone all’italiana ne troverete ben poche. Al massimo una sensibilità d’autore che mira al quotidiano, a una dimensione locale e da essere umano con tutti i pregi e i difetti del caso.
Del resto l’ex Love Flower/Julie’s Haircut/Joe Leaman ci ha abituati a un punto di vista tutto suo sul mondo e sulla la vita, rinnovato con stile ad ogni passaggio discografico. Anche con un Togliamoci il pensiero che non fa eccezione in questo senso, adottando il linguaggio della semplicità folk-rock (la title-track) e mescolandolo, di volta in volta, a richiami tra i più disparati: il Messico di frontiera de Il nemico, la chiusa quasi hardcore del L’altra, il blues-funk di Senza canditi. Con quel valore aggiunto di cui si diceva poche righe più su, ovvero la capacità di scrivere su un attualità semplice e legata a filo doppio alle umane solitudini. Quel che accade soprattutto in una La polisportiva che nei suoi cinque minuti riesce a dipingere un universo ristretto, contestualizzato, ma anche commovente e con le sue regole, tra badanti e pensionati, gnocco fritto e balli di gruppo.
Fabrizio Zampighi
(6.8/10)
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Intervista alla rovescia:
1) E chi cavolo è Mauro Mercatanti? Non lo conosco assolutamente. Già che ci
siamo. Mi consigli qualche altro personaggio che tu trovi affine alle cose
che faccio e che potrei non conoscere?
Mauro Mercatanti è fondamentalmente un cantautore. Nel 2006 mi capitò tra le mai il suo “Infedele alla linea” (http://www.sentireascoltare.com/recensione/1726/mauro-mercatanti-infedele-alla-linea.html) e mi piacque molto. Lo trovai un disco molto diretto, formalmente anche imperfetto se vuoi, di certo fuori dai giri soliti. Feci anche un’intervista (http://www.sentireascoltare.com/articolo/515/mauro-mercatanti-fascino-dellantagonismo-e-teatro-canzone.html).
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, tolto Mercatanti, ti risponderei forse il Tenca cantante dei Manzoni per una sorta di neorealismo aggiornato che c’è nei testi di entrambi, nonostante le evidenti differenze stilistiche. E’ un giudizio, comunque, molto soggettivo.
2) Mi racconti quando è stata la prima volta che ti ricordi di aver preso un
pugno in vita tua? Ti ricordi perché te lo hanno mollato? Te lo meritavi? Il
nome di chi è stato?Credo di non averne mai presi (o se ne ho presi, non ricordo quando è successo). Di solito cerco di risolvere i problemi parlando.
3)Dici, nella recensione de “Togliamoci il pensiero”, che si trovano ben poche “laccature ordinarie e ben codificabili legate ad una riscoperta à lapage della canzone all’italiana” e lo dici con un’accezione positiva. Chi
secondo te, nell’attuale messinscena indipendente italiana, cade invece nel
tranello di cui sopra? I nomi e le motivazioni, guai a te se ti sottrai.
E’ un accezione positiva, è vero, ma non è detto che sia negativo a prescindere il fatto di “laccare” o “codificare”, se alla base c’è un contenuto di valore. Penso all’ultimo disco di Brunori Sas, per esempio, un’opera che non mira certo ad evolvere il concetto di canzone d’autore (ecco quindi il codificare, il rendere riconoscibile) pur contenendo ottime canzoni. Dente è un altro che lavora moltissimo sulla riconoscibilità e le laccature, ottenendo a volte risultati interessanti, a volte meno. D’altra parte ci sono band come i Santo Barbaro che stravolgono il concetto di canzone d’autore in maniera efficacissima piegandolo a quello che è il loro immaginario o magari musicisti acuti e poliedrici come 33 Ore.
4) Visto che ti è piaciuta molto “La polisportiva”. Come ti vedi a 70 anni?
“La polisportiva” mi è piaciuto molto perché è un brano commovente. In più sono romagnolo – e quindi legato all’immaginario dei bar e dei circoli di partito – e ho vissuto un paio di anni in zona Modena. Conosco bene, quindi, ciò di cui parli nel testo. A 70 anni non so se ci arriverò. Se dovessi farcela, comunque, sarò presumibilmente obbligato a non sentirmi troppo stanco, visto che la pensione me la posso scordare
Tre versi del disco che ti sono piaciuti tanto ma tanto, che hai detto
“Cavoli, ma Frigieri è proprio bravo”.
1) Così a guardarla imborghesita e persa / dentro a un atteggiamento superiore / ci suona strana questa tenerezza / mentre leggiamo in faccia il suo dolore
2) Con l’espressione sempre un po’ più seria / di chi vuol solo chiudere con dignità la propria storia
3) Tra coppie che nel tempo di una firma son passate / dal tempo delle mele / a quello delle rate
6) Mi trovi una definizione per me, di quelle che siete bravi voi scriba,
del tipo “Il Savonarola della musica indipendente italiana” ? Questa però
non vale, l’ha detta un DJ che si fa chiamare Klaus Augenthaler ma che in
realtà mette spesso i dischi tra Carpi e Correggio.
Non saprei. L’immagine che ho di te, però, è di un punk prestato al cantautorato. Non tanto per un fatto squisitamente musicale, quanto per una questione di attitudine.
7) Il disco italiano più importante di tutti i tempi, a titolo puramente
personale di Fabrizio Zampighi. Se fai scattare l’aneddoto guadagni cento
punti in più, naturalmente.
Impossibile risponderti in questi termini. Potrei parlarti al massimo di un disco importante per me. Un critico istituzionale e con tutti i crismi ti citerebbe forse un De André, un CCCP o un Gaber (artisti che ho ascoltato per vie traverse in gioventù e che continuo ovviamente ad ascoltare anche ora). Io in realtà devo molto, per quello che sono e che faccio (bello o brutto che sia), a “Hai paura del buio?” degli Afterhours. Quel disco mi ha cambiato. Quando uscì, nel 1997, ero un ventiduenne della provincia che non scriveva di musica e ascoltava (quando aveva soldi da spendere) quasi esclusivamente materiare proveniente dall’estero. Gli Afterhours di quel disco mi fecero capire che si poteva “osare”, liberare la creatività anche con pochi mezzi (e in italiano) e che in fondo era tutto lì a portata di mano. Un concetto da applicare alla musica, ma non solo a quella.
8) Il disco straniero più importante di tutti i tempi, a titolo puramente
personale di Fabrizio Zampighi. Qui va bene anche senza aneddoto, se ti
vergogni.
Anche qui scendo sul personale, perché non avrebbero molto senso i giudizi netti. Non avendo collezioni di dischi di fratelli maggiori o di genitori di cui godere, ho cominciato tardissimo ad ascoltare musica in maniera sistematica (anche grazie a un dj di una piccolissima radio locale, una persona che non ringrazierò mai abbastanza). “Sucking In The Seventies” e “Steel Wheels” degli Stones sono state le prime cassette che ho comprato. “Steel Wheels” lo ritengo ancora un buon disco, nonostante parte della critica lo abbia degradato a incidente di percorso. Parlando invece di dischi da isola deserta, potrei citarti un “Pink Moon” di Nick Drake o un “Monk Alone” di Thelonious Monk. E’ roba da cui non riesco a separarmi.
9) Visto che mi hai dato un 6.8 di voto, adesso mi spieghi anche cosa non ti
piace del mio disco. Oppure, se proprio vuoi fare la personcina ben educata,
almeno mi spieghi cosa significa “mood involontariamente scompigliato”?
Su sentireascoltare.com il voto massimo è 8 (a parte rarissime eccezioni) e quindi 6.8 non è un brutto voto. “Mood involontariamente scompigliato” si ricollega all’immagine punk a cui ti associavo poche righe più su. Il tuo mi pare un cantautorato molto di sostanza, terreno, dagli arrangiamenti diretti e senza troppi fronzoli.
10) Mi dici cosa ne pensi della scena musicale italiana e come secondo te è
destinata ad evolversi, sia a livello di spazi che di proposte, nei prossimi
10 anni. Non sto parlando di dare delle ipotesi tanto per dire. Ti chiedo di
fare una previsione e di azzeccarla, per il 2022. Chiaro che non è facile,
lo so benissimo. Insomma, sbilanciati.
Non so. Ho come l’impressione che la crisi discografica che c’è in Italia (anche per i musicisti più commerciali, che di solito contano su un seguito generalista e forse meno appassionato di musica) potrebbe paradossalmente spingere le major a investire su qualche talento della scena indipendente. Segnali in questo senso ce ne sono. Penso al boom dei Baustelle, al fatto che produzioni come Amor Fou e Il teatro degli orrori vengano distribuite da major, ai Marta sui Tubi a Sanremo 2013. Di buono, la scena indipendente ha da offrire un pubblico dedicato e consapevole. In termini più prosaici, un mercato affezionato a cui vendere, se non un disco, almeno una serie di concerti. Sono solo ipotesi, comunque.
11) Gli ultimi 3 concerti di musicisti poveri (o indipendenti) italiani chehai visto e dove, con uno stringato giudizio.
Comaneci, Bronson (Ravenna)
Come al solito emozionanti. Sembra folk e invece è blues
Honeybird & The Birdies, Club BenTivoglio (Bologna)
Un tuffo nei Novanta di Ani Di Franco e di Manu Chao
Confusional Quartet, Locomotiv (Bologna)
Tiratissimi
12) Perché “noi alternativi” non riusciamo ad ascoltare un pezzo rock con
delle parole stupide nella nostra lingua e riusciamo a farlo con la lingua
inglese esaltandoci come pazzi? Sempre che tu condivida la cosa, altrimenti
dimmi come la vedi.
Perché in fondo siamo dei provinciali. Che si stia a Bologna, Milano, Roma o Bagnacavallo non importa. Credo che all’italiano medio manchi molto spesso una buona dose di capacità critica. Lo si vede nella musica, ma anche nei fatti della politica. Troppo sentimento, troppo tifo calcistico e poca voglia di capire, di informarsi, di giudicare razionalmente.
13) Il nome ed una descrizione minuziosa sull’onda dei ricordi della prima
persona della quale ti sei innamorato, a parte la mamma.
Scherzi? Mai.
13bis) Sei un codardo. Lo sai, vero? :-)
14)In genere l’ultima domanda delle interviste è “Progetti per il futuro?”.
Mi dici tu quali sono i MIEI progetti per il futuro, secondo te?
Credo che sarebbe un obiettivo interessante (se già non lo fai) riuscire a vivere esclusivamente di musica.