Enrico Tallarini l’ho conosciuto all’estero. Ero a San Marino. Lui e Anita Magnani realizzarono un video reportage di un mio concerto al “Localino del Giulietti” che potete vedervi su OSSERVATORI ESTERNI, la webzine dove Enrico scrive. Poi l’ho incontrato altre volte. Mi è venuto a vedere suonare 3 o 4 volte, non ricordo esattamente. Una volta ha scritto che sono “alto e magro”. E’ la più bella cosa che abbiano mai scritto di me. Nel senso che quando nella vita sei stato un obeso, come sono stato io, vedere scrivere che sei alto e magro è una bella soddisfazione. Vado a mangiarmi una pasta alla crema, così metto su chili.
La recensione dell’album è qui: http://www.osservatoriesterni.it/novita/giancarlo-frigieri-togliamoci-il-pensiero
Eccovi l’intervista. Io domando, Enrico risponde
1. Hai parlato di “pugno nello stomaco” per definire il brano conclusivo dell’album (Criceti). Spiegami meglio.
Non “pugno”, ma “cazzotto nello stomaco”, che fa ancora più male.
“Perché per domare un uomo non c’è metodo migliore che farlo lavorare ogni giorno sulle nove o dieci ore.” Non è per pigrizia, ma c’è davvero poco da spiegare. Facciamola ascoltare a un operaio che ha passato gli ultimi quarant’anni della sua vita a fare qualcosa che non gli piace fare e vedrai che cazzotto che gli arriva. Spesso si passa il tempo a scivolare, perché le domande fanno male e spesso come risposta danno: “hai sbagliato tutto”. Ecco, “Criceti” più che la risposta è la domanda. Ma è la risposta che è la stessa.
2. Quand’è stata l’ultima volta che ti sei davvero vergognato in vita tua? Ti va di raccontarcelo? Ma non una vergogna di cinque minuti. Intendo una roba che a pensarci ti brucia ancora adesso.
Guarda, potrà sembrare strano ma è da diverso tempo che ho smesso di vergognarmi, di qualunque cosa. Cerco di esorcizzare ogni aspetto che mi riguarda, compresi handicap, problemi e debolezze, senza tabù o filtri di sorta. È una delle cose di cui vado più fiero. E poi basta guardarsi in faccia per capire che non c’è niente di cui vergognarsi, che facciamo tutti schifo allo stesso modo.
3. Parlando dopo un concerto, mi avevi detto che ti eri un poco disilluso sulla scena musicale indipendente (o come dico io, la “messinscena indipendente”). Mi dici, pane al pane e vino al vino, le tre o quattro cose più patetiche e ridicole che hai incontrato lungo il cammino dello scrivere di musica?
La più patetica, una telefonata di prima mattina per chiedermi di ammorbidire una recensione non proprio entusiastica di una band spalla a un concerto di un cantautore inglese piuttosto famoso, che era di una bruttezza tale che quasi andrebbe preservata. Hanno anche minacciato di dare fuoco alla mia macchina (la band un’altra ma il motivo lo stesso). Per il resto niente, cerco di restare fuori il più possibile dalla scena (?), anche perché da buon claustrofobico evito i circuiti chiusi . Senza una ragione precisa. Solo che odio le scene e resto indifferente alle mode. Preferisco ascoltare Paolo Conte, tanto per dirne uno, più indipendente di tutta la scena indipendente messa assieme.
4. Quanti sono gli “Osservatori esterni”?
Siamo sei, più vari collaboratori e “osservatori” occasionali. Siamo pochi ma siamo ovunque, come le malattie veneree.
5. Perché si scrive di musica? Mi dici un giornalista italiano musicale che ti ha influenzato quando hai cominciato?
Il perché non te lo so proprio dire. Forse “perché non avevo niente da fare”, tanto per citare Tenco, che le citazioni fanno sempre il loro effetto. E comunque è nato tutto per caso. Non faccio altro che ascoltare dischi e andare a concerti da quando ho quindici anni. Lo facevo prima, e lo faccio adesso, con lo stesso piacere.
Detto questo, l’unico giornalista musicale che mi viene alla mente, anche se non credo abbia avuto poi tutta ‘sta influenza, era Zombie Kid, alter ego di nonsochi che aveva una rubrichetta stronca-demo sul Rumore di una decina di anni fa.
Puniva e massacrava i demo di giovani band e mi faceva ridere. L’unico vero stroncatore di classe che abbia conosciuto, non a caso sotto falso nome.
6. Mi trovi un difetto nel mio disco? Argomentando, chiaro.
Adesso che scrivo mi trovo in Emilia. Il tuo disco è a più di trecento chilometri da qui. Ma se non ne ho trovati al tempo della recensione, non vedo perché dovrei trovarne ora.
7. Mi trovi il pregio del mio disco che non trovi in nessun altro disco? Sempre che ci sia, chiaro.
Vedi sopra.
8. Lo sai, vero, che nella recensione hai scritto “WALZER” per dire “Valzer”? E mi spieghi in che pezzo suono un valzer? (Se dici “Il nemico”, sappi che è una beguine, stavolta ti ho incastrato).
Potrei entrare subito in amministrazione e cancellare per sempre ogni traccia di questo refuso. Anzi, l’ho fatto.
9. Sull’onda della domanda precedente. Ma non pensi che per scrivere di musica un pochino di musica a livello teorico, anche solo una piccola infarinatura sia necessaria? Altrimenti a cosa si guarda? Quali sono gli elementi che ti fanno dire “Questo si, questo no”?
Allora, anche no, dipende da come la si vede e la si propone. Osservatori Esterni nasce con l’intento di staccarsi da una visione tecnicistica e assolutistica del trattare la musica, il cinema e compagnia artistica.
Siamo prima di tutto appassionati, e di conseguenza preparati. E questo sono io, uno che si guarda tre concerti a settimana e si ascolta una marea di dischi. La tecnica è fondamentale per farla, la musica. Per ascoltarla e consigliarla bastano un paio di orecchie, passione ed esperienza, soprattutto per la musica che sono solito trattare.
I tecnicismi mi hanno sempre dato il voltastomaco. Se una cosa mi piace, è sì. Altrimenti no. Non sono un critico, piuttosto un dispensatore di consigli. E la musica a livello teorico la conosco anche. Porto avanti la tradizione dell’artista mancato e frustrato e passato all’altra sponda.
10. Durante una conversazione preparatoria a questa intervista mi hai beccato le somiglianze evidenti tra “Grappoli” e “Gambadilegno a Parigi” di De Gregori e ti riconosco un grande orecchio. Fra l’altro della cosa mi accorsi anche io (Dopo averla scritta, “Grappoli”) e decisi di fregarmene, come già ti avevo raccontato. Mi ripeti il giochino con altre 3 canzoni che hai sentito quest’anno da artisti indipendenti italiani?
Occhio, che De Gregori ha già sguinzagliato i legali. A parte gli scherzi, su due piedi non mi vengono in mente altri casi sospetti.
11. Carta di identità. Nome, cognome, data e luogo di nascita, titolo di studio.
Enrico Tallarini
15/04/1983 Urbino (PU)
Laurea Magistrale in Editoria, Media e Giornalismo
12. I tre migliori locali per la musica dal vivo in Italia dove sei stato, tra quelli che non hanno bisogno di un biglietto di ingresso. Sul migliore in assoluto metti anche il motivo.
3. Il “Dalla Cira” di Pesaro,
2. Il “Neon” di Rimini
1. L’”Hana Bi” di Marina di Ravenna, versione estiva del Bronson, in assoluto il posto più incredibile dove ascoltare musica dal vivo e gratis. Sulla sabbia a due passi dal mare, in un palco alto si è no 15 centimetri, ci ho visto suonare Steve Wynn e Robyn Hitchcock, Bonnie Prince Billy, Wovenhand, dEUS, Iron & Wine, Liars, Anna Calvi, Akron Family, Badly Drawn Boy, Destroyer, Massimo Volume, Local Natives e chissà quanti ne sto saltando e chissà quanti ne ho persi, tutti gratis a venti centimetri dal palco e con una birra in mano. Se non è un paradiso, poco ci manca.
13. Secondo te quali sono i miei progetti per il futuro, musicalmente? Insomma, farò una virata acustica intimista oppure un album grind-core?
Continuerai a fare quello che stai già facendo, ovvero scrivere belle canzoni fregandotene di chi le andrà poi ad ascoltare. E non è poco.
14. Un disco di cui non parla nessuno e che invece è bellissimo.
“The Soul of Spain”, degli Spain. Non sono italiani e non ci azzeccano niente, ma non ne parla nessuno ed è un album fantastico.
15. Un disco di cui parlano tutti e che invece è una cagata pazzesca. (Motivando, si capisce)
Le cagate pazzesche le lascio ascoltare ad altri. Non ci perdo neanche tempo.
PS: ma chi sono sti “tutti”?
16. Il disco dell’anno del 2013 potrebbe essere quello di?
Nick Cave & The Bad Seeds. Lo sarà di sicuro.
17. Fammi una domanda tu.
La prima volta che ci siamo incontrati ti avevo consigliato di ascoltare più a fondo i dischi di Francesco Guccini, che è molto di più di un cantautore “impegnato” e “La Locomotiva” ecc ecc. L’hai fatto? Se sì, ne è valsa la pena?
(Sì. L’ho fatto. Sì. Ne è valsa la pena, porco cane)