Vaibrescions

Ieri sera io e la mia signora andiamo alla “Festa della libertà” di Zocca. E’ una consuetudine che abbiamo, ormai. Visto che in genere c’è un casino allucinante ci fermiamo a mangiare a Guiglia, dove in un albergo ristorante chiamato “Tre Lune” mangiamo due cotolette grandi come Piazza del Popolo buonissime, un piattone di verdure a buffet a testa, una San Miguel da 66 cl a cranio. Ci prendiamo anche il caffé. 30 euro in tutto, che in Emilia Romagna è un successone. Il tutto in compagnia di alcune simpatiche pensionate che svernano lì per l’estate e che scommettono tra loro se finiremo o meno la cotoletta. Da segnalare la pensionata che chiede alla cameriera se quella che è avanzata a lei “domani me la può fare in umido, con un poco di pomodoro che mi piace tanto…”.
Poi andiamo su, parcheggiamo lontanissimo e facciamo la solita passeggiatona a piedi. Ci facciamo largo tra l’odore acre della Marijuana in ogni angolo (a proposito: premio Oscar della comicità a chi ha postato su Facebook l’avviso “Attenzione che quest’anno ci sono anche i cani con la Digos”) e ascoltiamo distrattamente qualche gruppo, poi facciamo una passeggiata per le bancarelle del mercato.

C’è un tavolo dove un tipo legge i tarocchi. Io non ne posso più di questi qui. Del “pensiero magico”, intendo. Una di queste volte mi presenterò con una cassa di arance tarocco e poi l’appoggio sul tavolo dicendo “Non è che pretendo che le legga tutte. Mi dica, a grandi linee, di cosa parlano”.

Il truffatore che legge i tarocchi attira inevitabilmente qualche gonzo che si ferma a sentire cosa i tarocchi hanno da dire per lui. Mentre siamo lì allo stand a fianco arrivano tre ragazze. Tre ragazze che se ne parlassero due uomini tra loro al bar senza nessun freno politicamente corretto, probabilmente inserirebbero nella categoria delle “BELLE FIGHE”, se capite cosa intendo.

Una si siede, è tutta in solluchero perché “Ho proprio un sacco di domande e ho bisogno di risposte”. Il tipo fa la radiografia a tutte e tre e poi dice “Avverto delle buone vibrazioni”.

(Racconto della mia signora, Cristina Malagoli)