In principio fu Rocky.
L’ho visto mille volte. Il primo, che dopo ne hanno fatto talmente tanti che tra un poco faranno “Il figlio di Rocky” oppure “Rocky contro Godzilla” così come fecero “Zorro contro Maciste” (giuro, esiste). L’ho visto mille volte e poi un giorno l’ho guardato in lingua originale, che non lo avevo mai visto in lingua originale. Era tanto che dicevo che i film io li volevo vedere in lingua originale, solo che mia moglie (che smonta e rimonta ogni cosa del mondo e ha un talento naturale, dove io invece devo prendere appunti per fare una lavatrice) le lingue straniere non le mastica tanto e quindi diceva sempre che dopo avrebbe fatto fatica eccetera.
Poi una sera ha detto “Dai, va bene. Tanto “Rocky” lo so a memoria, guardiamolo in lingua originale”. Con i sottotitoli, chiaro.
Eh niente. Stallone, Talia Shire e gli altri personaggi, che in italiano sembravano comunque dei sempliciotti che vivevano nei sobborghi di Philadelphia una vita grama da sempliciotti ma che comunque si vivevano tutto sommato la loro vita grama da sempliciotti con una certa serenità tutta loro, in lingua originale si capisce bene che sono gli ultimi. Degli emarginati. Gente che non ha niente dalla vita, gente disperata della quale a nessuno importa nulla. Arrivi alla fine del film che capisci il capolavoro che è, mentre fino a quel momento ti sembrava solo “Un film su un pugile mediocre e sempliciotto che vive a Philadelphia e che di colpo ha una chance e combatte per il titolo”.
Da quella volta non guardiamo mai più un film con il doppiaggio. Anche al cinema cerchiamo di andare dove i film vengono proiettati in lingua originale. Altrimenti, spesso, non andiamo a vederli al cinema. Mia moglie sta imparando l’inglese senza accorgersene, anche se lei crede di no, proprio perché non se ne sta accorgendo. Hai presente quando impari una cosa divertendoti? Ecco, così. Unico neo, il film visto al cinema è più bello e non credo di dovere spiegare perché.
Ultimo caso, ieri sera, “Dallas Buyers Club”. Non eravamo stati al cinema, perché avevamo un impegno la sera che veniva proiettato in lingua con i sottotitoli. Visto in dvd. Bello, molto bello.
Poi, quando il film è finito, abbiamo guardato un poco di contenuti speciali del dvd. Quelli dove ogni tanto c’è una ripresa delle scene del film, tra un commento e l’altro. E quindi abbiamo rivisto qualche scena del film, doppiata in italiano, con queste voci carichissime di bassi, modulate ed equalizzate in maniera fighissima, dove i protagonisti sembrano sempre dei fighi più furbi degli altri e dove l’interpretazione dell’attore semplicemente scompare in favore di una copia in carta carbone venuta male. E ci siamo detti (ormai la frase è un mantra) “Oh, è un altro film”. In italiano non credo mi sarebbe piaciuto. Non così.
Ogni tanto ci capita di parlarne con qualcuno e in genere senti dire che “I sottotitoli distraggono” oppure che abbiamo “I doppiatori migliori del mondo”.
Beh, a me ieri sera è venuto in mente un paragone con la musica. Perché oggi vanno forte le tribute band. Quelle che rifanno i repertori interi di un singolo artista. Mica che li traducono in italiano. Farebbe ridere, vero?
Eppure…negli anni sessanta/settanta, in Italia le canzoni straniere si traducevano. Mica che qui da noi sentissi alla radio “Bang Bang” di Sonny Bono. Sentivi quella dell’Equipe 84. D’altra parte cosa ci volete fare, così capiamo le parole che altrimenti la musica distrae. Quindi mi sono immaginato…
Cosa ve ne fate di “A whiter shade of pale” dei Procol Harum o di “California Dreaming” dei Mamas & Papas quando potete avere “Senza luce” e “Sognando California” dei Dik Dik?
Che vi frega di “I ain’t no miracle worker” della Chocolate Watchband quando potete avere “Un ragazzo di strada” dei Corvi?
E Lou Reed? Ma cosa ve ne fate di “Walk on the wild side”? Ci sono “I giardini di Kensington” di Patty Pravo.
“Space oddity” di Bowie? Robetta in confronto a “Ragazzo solo, Ragazza sola” con il testo di Mogol.
I Moody Blues? Meglio i Nomadi. E meglio l’Equipe 84 di (fate voi la lista, non ho tutto il giorno).
E poi scusate, cosa ce ne frega a noi di Bob Dylan quando possiamo avere Tito Schipa Jr. che ce le ricanta tutte in italiano?
Perché noi abbiamo inventato il bel canto. L’Opera, quelli sì che erano cantanti. Da Monteverdi a Puccini, fior fiore di compositori. E che cavolo.
(Domani, sabato 24 Maggio, al Tabacchi Blues di Rubiera c’è una giornata dedicata a Neil Young. La aprirò io alle 15, cantando 5 pezzi suoi. In inglese. Senza sottotitoli)