E’ uscito un libro di Saturnino, il bassista di Jovanotti (e non solo, ma si fa per capirsi). Parla di un sacco di colleghi, dicono parli bene di tutti più o meno.
Parla male di Allevi.
Dice, in sostanza, che era un tignoso rompicazzo e che spara un sacco di balle. Tipo che racconta che questo o quel pezzo sono stati scritti in una particolare occasione e invece li aveva già nel cassetto. Dice che sua moglie, che gli fa da manager, è una cagacazzi. Ovviamente non dice così, il tutto è più circostanziato e attendibile.
C’è un passaggio che mi è rimasto impresso. Quando parla del manager di Allevi che lo ha fatto emergere, un tale che si chiama Vitanza, una di quelle figure del music business che nessuno conosce tranne gli addetti ai lavori e che spesso fanno la differenza tra un artista famoso e uno no.
Dice che Vitanza era un maestro della comunicazione e che, per fare un esempio, ebbe la grande idea di fare un concerto al Blue Note di New York e poi dire “Tutto esaurito al Blue Note di New York”. Il che era vero, badate bene. C’è che poi il Blue Note è un buco che (parole di Saturnino, più o meno) se ci metti quelli dell’ambasciata italiana e del consolato su invito, allora è già pieno.
Questa cosa qui, del fare sembrare la cosa di più di quel che si è, la facciamo tutti. Ognuno fa quel che può, però ad esempio io potrei dire che ieri sera al Pantagruel di Casale Monferrato (dove ho suonato) non c’era un tavolo libero. Tutto esaurito. Altre volte ci ho suonato (tre o quattro) e c’erano persone in piedi ammassate all’entrata.
Ora, vi sembra una cosa molto figa, in realtà ieri sera al Pantagruel c’erano venti persone. Il posto è molto piccolo, se uno occupa un tavolo da solo, in un altro sono tre, in un altro due, insomma…. Il posto sembra pieno. O meglio, lo è. Ma se dico “posto pieno” fa un certo effetto, se dico “Ieri sera erano in venti” sembra una schifezza.
Il concerto ieri sera è stato molto bello. Le venti persone che c’erano erano molto contente, hanno tutti comprato qualche disco, è stata una serata molto piacevole dove ci siamo divertiti tutti. Un tizio è venuto da Torino, da solo in macchina, fino a Casale Monferrato apposta. Era contento come una pasqua e io non lo avevo mai visto in faccia in vita mia. Che figata. Penso che il Pantagruel sia uno di quei posti dove io suonerò sempre, mi basterà chiedere quando sono liberi. Ne sono contento. Molto.
Ecco, questa cosa qui, dello svelare le cose, del cercare il più possibile di dire la verità, io la vado predicando da tempo. Sono perfettamente cosciente che a dire la verità ci si rimette, a fare come fa il Vitanza si fa il proprio lavoro come si deve fare. Non è mica che io sono un santo. Ho sparato balle per un sacco di tempo, pure io. Oggi non ho niente da perdere, ho deciso che è ora di cambiare rotta.
Perchè?
Perché credo che, se non avete vent’anni e ormai le prospettive che avete davanti sono quelle di una vita di lavoro e di suonare soltanto nel tempo libero, guidati dalla vostra passione, sia un dovere sociale cercare di dire la verità.
CERCARE, perché i vizi sono duri a morire e come si può stare vent’anni senza fumare e poi ripartire di colpo, anche il vizio di ingigantire una bella cosa può ripresentarsi in maniera involontaria.
Però credo che noi che abbiamo passato i 35-40 dovremmo cercare di farlo sempre. Perché credo che lo dobbiamo alle nuove generazioni. Se noi raccontiamo loro la verità, a loro non toccherà perdere tempo inseguendo sogni che non valgono nulla, trovandosi con un pugno di mosche in mano quando magari si erano fatti un’idea sbagliata. Un’idea che gli avevamo dato noi. Inoltre, in questo modo chi verrà dopo di noi riconoscerà prima i mille trucchetti del caso.
Forse in questo modo faremo davvero crescere una scena musicale consapevole. Forse no. Quantomeno, avremo meno Allevi tra i coglioni.