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Quelli che mi hanno visto dal vivo lo sanno. Se c’è una cosa che non mi piace dei concerti definiti “indipendenti” (di noi poveri) è la faccenda del bis.

Nei concerti fighi uno esce, il pubblico chiede automaticamente il bis, torna fuori e via.

Noi no. Quando abbiamo finito accade che ci mettiamo di lato, nessuno ci richiama fuori se non un piccolo e sparuto gruppo che in genere organizza il concerto, tu te ne stai lì come un pirla fino a quando quello che organizza ti viene proprio a stanare. Allora tu torni fuori, quelli che sono lì ti guardano come uno sfigato e tu fai un paio di canzoni ancora in un’atmosfera patetica.

Per ovviare a questa cosa veramente squallida, ho inventato “la buffonata del bis”. In pratica mi metto d’accordo prima con il pubblico. La cosa è nata in maniera spontanea fino a ripetersi talmente tante volte che ormai è proprio un momento del concerto a parte, con tutta una serie di gag che ripeto con un’aria da vecchio mestierante, come un cabarettista fa con i numeri del repertorio che sa che funzionano.

In genere lascio al pubblico 3 opzioni. La “A” prevede che faccio un brano e poi fine. La “B” prevede che faccio un pezzo e poi esco, vado in bagno e torno a farne un paio. La “C” prevede che esco, tutto il pubblico grida “fuori, fuori” e io torno fuori facendo finta che mi abbiano chiamato per davvero.

Manco a dirlo, 95 volte su 100 il pubblico sceglie la “C”, perché trova la cosa divertente e perché al pubblico piace partecipare agli scherzi. Ragion per cui l’esposizione delle tre opzioni è una faccenda che occupa quei dieci minuti, nei quali in genere si ride parecchio. Per alcuni il momento da ricordare del concerto rimane quello, mica quando canto.

Solitamente, per far capire che se dicono “Fuori, fuori”, lo devono fare proprio bene ma bene, una roba che sembri vera, tipo stadio, individuo un tavolo che fino a quel momento si è fatto completamente i cavoli suoi e dico una cosa del tipo “Dovete farlo talmente forte che quei 3 lì al tavolo che è tutta la sera che si fanno i cazzi loro devono pensare di essersi persi un concerto della madonna”, il tutto magari condito con qualche battuta sui malcapitati che, in genere, nel frattempo continuano comunque a farsi i cavoli loro, salvo poi risvegliarsi al “fuori, fuori”. Insomma, una cosa da vecchio mestierante, come dicevo.

Ieri sera ero all’80° Miglio, un locale di Modena molto carino sulla Via Emilia. Arrivo al punto della buffonata del bis, espongo le 3 opzioni, quando parlo della “C” dico “Ma così bene che quei 4 beoni lì al tavolo di fianco che è tutta sera che non ascoltano e si fanno i cazzi loro si danno una svegliata”. Vedo che le facce del resto del pubblico, che in genere a questa frase ridono apertamente, hanno uno strano stupore. I tipi intanto continuano bellamente a farsi i cavoli loro, non sono nemmeno gli unici, a dirla tutta. Ma ormai ho scelto quelli, sono vicini al palco, li vedo bene, eccetera.

Visto che i tipi continuano, continuo anche io “Vedi, guardali lì. Anche adesso proprio non ci cagano pari. Quindi adesso li svegliamo in modo che pensino “GUARDA CHE CONCERTO MI SONO PERSO” e cose così”.

Le facce del resto del pubblico ridono, ora. Alcune ridono TANTISSIMO. I tipi continuano a parlare tra loro, in maniera molto animata, penso io. Infatti, come i classici italiani, muovono tantissimo le braccia quando parlano. C’è un detto di non so che paese che dice “Se vuoi far tacere un italiano, legagli i polsi”.

Io continuo e rincaro la dose, ironizzo pesantemente. Poi ad un certo punto, è una frazione di secondo, realizzo. Proprio mentre uno del pubblico mi fa un segno inequivocabile.

Ho scelto un tavolo di sordomuti e, manco a dirlo, io sono nel mezzo della “madre di tutte le figure di merda”, per dirla con il generale Schwarzkopf.

A quel punto comincio a ridere, in maniera quasi isterica. Io e il resto del pubblico ridiamo tanto, ma tanto, della cosa. Loro quattro ovviamente tirano dritto, non si sono accorti di nulla.

Per fortuna non hanno sentito…