Il 26 Luglio, giorno del mio 41esimo compleanno, è morto JJ Cale.
Aveva 74 anni ed ha sempre avuto uno stile assolutamente inconfondibile, che quando possibile ho cercato di copiare.
Non sono stato mica l’unico.
Senza JJ Cale, Eric Clapton oggi farebbe probabilmente il casaro (e viceversa, visto i soldi di royalties di “Cocaine” e di “After Midnight”). Inoltre, tutti quelli che ascoltano i Dire Straits e amano lo stile di Mark Knopfler spesso non sanno che viene tutto da lì, in maniera quasi imbarazzante. Con la differenza che a Cale bastava suonare 3 note dove gli altri ne devono fare 300 per dimostrare di essere dei chitarristi.
La voce di JJ Cale era roca e suadente, come una carezza ruvida, velluto e carta vetrata. L’indolenza del suo suono particolarissimo e inconfondibile è stata fonte di ispirazione anche di insospettabili come gli Spiritualized, che rubarono la sua “Call me the breeze” rivisitandola in un brano chiamato “Run” dal loro primo album, “Lazer Guided Melodies”.
Se dovete cominciare da un disco, cominciate da “Naturally”. Compratelo, se possibile, in vinile. Ha una di quelle copertine dove ci si perde a guardare i dettagli, mentre intanto sul piatto scorre la musica più intima e avvolgente che abbiate mai sentito. Musica raccolta in canzoni che raramente passano i 3 minuti netti di durata, musica che non indulge in assoli e orpelli inutili, musica dove ogni nota è al suo posto e sembra esserci stata da sempre. Musica che ad ascoltarla distrattamente non sembra niente di speciale, ma della quale sentirete sempre il bisogno di tanto in tanto. Musica dove si sentono anche le note che non vengono suonate, se capite cosa intendo. E se capite cosa intendo e non conoscete JJ Cale allora vi invidio molto, perché state per cominciare un’esperienza incredibile.
Addio JJ, il tuo stile inconfondibile durerà nel tempo. Ogni chitarrista e ogni scrittore di canzoni ti deve qualcosa.