Il primo album che comprai nella mia vita fu “Catch a fire”, di Bob Marley and the Wailers. Non so quanti anni avessi, a memoria direi otto. Mi piaceva, Bob Marley. Me lo aveva fatto ascoltare mio fratello, l’educazione musicale è un compito che spesso è riservato ai fratelli maggiori. Ascoltavo le cassette, ricordo una cassetta di “Survival” comprata al mercato nero dove al posto dei titoli, nella costina, c’era una dichiarazione di Marcus Garvey che diceva
“A people without – The knowledge of – Their past history – Origin and culture – Is like a tree – Without roots – Marcus Garvey”
Proprio così, con i trattini in mezzo. Come fossero i titoli delle canzoni. E io per anni ho creduto che i titoli fossero quelli. Mica c’era internet, come si dice in questi casi.
Comunque, un giorno sono al supermercato con mia madre e mio cugino Paolo. Al supermercato, almeno in quel supermercato, una volta c’era il reparto dischi. Vado a vedere e trovo un disco con Bob Marley in copertina che si intitola “Catch a Fire”. Lo prendo e vado da mia mamma dicendo “Mamma, me lo compri?”.
Mia mamma legge il nome “Bob Marley”, sa che lo ascolto dalla mattina alla sera, è in buona. Mi immagino le facce di chi era lì a fianco e si vede la scena di un bimbetto che si guarda, tutto contento, un negro (una volta si diceva così) che si fa un cannone grande come un cetriolo in copertina di un album. Sul retro una foto del complesso, gli Wailers, con delle facce decisamente poco raccomandabili.
Mio cugino invece era patito di Elvis. Lui comprò una raccolta di Elvis della RCA.
Andammo a casa ad ascoltarci i dischi, io conquistato subito dall’album di Marley. Poi mettemmo su il disco di Elvis, che partiva con “Hound dog”.
La voce dava l’attacco, il gruppo partiva a seminare rock’n’roll e poi “You ain’t no friend o’ mine” e TARATATATATATATATATATATATA!!!!!!!!!!!!
La batteria di Dj Fontana fu una smitragliata che mi mandò il cervello in frantumi. Ho il ricordo nitido di quella rullata, mi piacerebbe avere una macchina del tempo e tornare là per vedere la faccia che fa quel ragazzino, perché onestamente è stato uno di quei momenti musicali che ti cambiano la vita.
Nei mesi seguenti, il “mamma me lo compri?” venne riservato a “Wanted Dread & Alive” di Peter Tosh, su cassetta originale in una bancarella del mercato a Sassuolo. E poi, un giorno, la “supplica a mia madre” (Pasolini perdonami) nello stesso supermercato di prima, andai a vedere se c’era qualcosa di Elvis e mi capitò un disco della RCA chiamato “Elvis Presley Show”, che poi scoprì in età abbondantemente adulta essere “That’s the way it is” in una edizione italiana.
Arrivai a casa gasatissimo immaginando una smitragliata di rock’n’roll e invece qui c’erano Elvis e i suoi che cantavano canzoni lente e melense, che schifo, pensai.
Poi, visto che i soldi per i dischi erano pochi e quando compri un disco devi far vedere che lo ascolti, se non altro perché a tua madre gli hai fatto spendere dei soldi, ascoltai per bene l’album, giorno dopo giorno. E quelle canzoni melense erano proprio belle, cantate benissimo, suonate da Dio, arrangiamenti pazzeschi per quello che potevo capire io di arrangiamenti.
Ricordo che avevamo da poco montato la doccia nel “Tasèl” (per i non emiliani, il solaio) mentre prima avevamo solo la vasca da bagno e quindi una delle prime canzoni che cantavo sotto la doccia, in un inglese maccheronico, era “Stranger in the crowd”, da quel disco lì. Ancora oggi, quando sono sotto la doccia, se mi viene da cantare all’improvviso quella canzone e altre da quel disco (Twenty days and twenty nights, I just can’t help believin’, You’ve lost that lovin’ feelin, per dirne alcune) sono tra le prime che mi escono.
So che per molti sarà una bestialità, che l’Elvis del periodo della Sun Records non si tocca, ma personalmente l’Elvis che preferisco è questo qui, quello del primo periodo a Las Vegas. Grandi canzoni, alternanza di Rock’n’roll e melodia, arrangiamenti sontuosi, musicisti straordinari con una tecnica sopraffina (su tutti Jerry Scheff al basso, il bassista che suonò anche in L.A. Woman dei Doors).
Curiosando su Amazon, ho visto che “That’s the way it is” esiste anche in una supermega edizione con 8 cd, due DVD e un libro. Le tentazioni sono forti, mi sono messo a scrivere questo pezzo perché mi si sfogasse la fregola di ricomprarlo. Adesso penso che andrò a fare la spesa, con la mia edizione normalissima in cd dentro lo stereo della macchina. Se vedete un cretino che gira con il carrello tra gli scaffali cantando, siate indulgenti.