Votate per me.

Non è tanto che in tanti suonatori ti chiedano di votarli per andare a suonare al primo maggio a Roma in piazza. Quello è normale, si prova un concorso e si tenta la fortuna facendosi pubblicità come si riesce.

E’ quando scrivono “Aiutaci a realizzare un sogno”.

Sogno? Suonerete 3 canzoni se va bene, in un palco dove sentirete tutto a cazzo di cane, il tempo che si gira il palco e avete già finito, il pubblico è lontanissimo e non vedrete nulla, non capirete manco dove siete.

Se quello è un trampolino per sperare di arrivare altrove, capisco benissimo. E allora magari farete di tutto per farvi notare, lancerete un proclama politico da due soldi o farete come quello che si è tirato giù le mutande e l’unica cosa che abbiamo capito è che ha il cazzo piccolo.

Ma se il vostro sogno è quello, se quello è il vostro punto di arrivo, lasciatevelo dire: siete messi male.

Il concetto del primo maggio (Numero 2)

Ieri sono stato a Reggio Emilia. C’era il concerto di Eugenio Finardi, per la festa del Primo Maggio. Il concerto era preceduto da discorsi fatti da sindacalisti.

Sono arrivato che i discorsi erano in corso. C’era una piazza con gente che parlava dei cavoli propri, lontana dal palco. Nessuno ascoltava quello che avevano da dire. Io ho provato a farlo, ma dopo due minuti mi stavo addormentando. Ogni tanto provavo a buttare l’orecchio, ma passavano altri due minuti e mi stavo addormentando. Mi sembrava parlassero una lingua straniera, una specie di politichese dove dicevano le solite cose da sindacalisti o da politici, una serie di paroloni retorici che ti fanno venire sonno e che non riesci minimamente a far calare nella tua realtà lavorativa. Parole tipo “Rimettere al centro il lavoro”, cose così.

Davanti al palco c’erano delle bandiere che sventolavano. Sventolavano di continuo, tutto il tempo. Erano disposte a distanze in base alle quali se uno veniva da lontano sembrava una gran folla in mezzo allo sventolio, però se ti avvicinavi erano quattro gatti. Non so, saranno state trenta persone a sventolare, di continuo. Poi c’era un gruppetto più nutrito che aspettava che iniziasse Finardi ed era sotto il palco per quello.

Ad un certo punto hanno fatto partire “Bella Ciao”. Non la versione delle Mondine, la versione partigiana. Poi una tipa ha tentato di dire “Grazie” alla piazza. Le ci è voluto un poco perché il microfono era spento, poi alla fine l’hanno acceso e ha detto una cosa del tipo “Grazie ai partigiani che hanno fatto sì che ci fossero giornate come questa”. Dovessi tradurre in quello che in realtà ho pensato io era più o meno un “Visto che se mettiamo l’Internazionale ci prendono per il culo e probabilmente hanno pure ragione, cosa ne dite se mettiamo Bella Ciao, così ci attacchiamo il 25 Aprile che in fondo era solo la settimana scorsa e così riusciamo a fare una bella figura?”. A quel punto le bandiere con gli sbandieratori hanno sbandierato più forte, poi come è finita e doveva cominciare Finardi di colpo le bandiere non hanno più sventolato, si sono tutte abbassate quasi come se fossero state spente da un telecomando. A esser maligni sembrava che fossero state sbandierate da tipi a comando ai quali fosse stato detto di sbandierare a manetta in favor di eventuali telecamere e far sì che sembrasse che in piazza ci fosse tanta gente, che così le dichiarazioni dei politici e dei sindacalisti locali sui giornali locali fossero giustificate.

Quando ha cominciato Finardi invece ci siamo un poco tutti avvicinati al palco e a quel punto eravamo proprio di più, a stare attenti a quel che succedeva sul palco.

Non so bene perché ho voluto raccontare questa cosa. So solo che per me vuol dire qualcosa, anche se non so bene cosa.