Bert Jansch

Oggi è morto Bert Jansch, l’uomo che ha insegnato (insieme a Davy Graham) a suonare la chitarra acustica con le potenzialità delle accordature aperte a tutta l’Inghilterra. Nick Drake e Jimmy Page, tanto per dire due nomi mica da ridere, narravano delle ore passate ad ascoltare i suoi dischi cercando di capire come riuscisse ad ottenere certe sonorità. Con una chitarra acustica e una voce, Jansch riusciva a farti sentire, pur rimanendo musicalmente ben ancorato al folk rock di tradizione inglese e celtica, sapori e profumi di Asia e Africa. Il tutto quando le parole “world” e “music” erano ancora intese una indipendente dall’altra. Ho conosciuto la musica di Jansch solo di recente, quando sono stati ristampati alcuni suoi lavori in Vinile 180 grammi. In particolare l’album “It don’t bother me” è uno dei dischi che, quando devo scegliere quale vinile mettere sul piatto, finisce per essere la colonna sonora delle mie serate. Più di ogni altra cosa però, a colpire uno come me, che non ha mai avuto la fortuna di vederlo suonare dal vivo, è un filmato che circola su Youtube. Un filmato girato di recente, dove Jansch interpreta una versione di “Blues run the game”, vecchio brano di un altro grande del folk scomparso prematuramente che risponde al nome di Jackson C. Frank e che Jansch aveva incluso in un suo disco altrimenti piuttosto deboluccio del 1975, “Santa Barbara Honeymoon”. In quel filmato il nostro è ripreso al Pub, per una serie di trasmissioni di non so quale programma che tendono a valorizzare l’aproccio “buona la prima”. Un’esecuzione informale, fatta davanti a una pinta di scura, di un uomo di una certa età. La telecamera, per fortuna, indugia anche spesso sulla mano sinistra di Jansch e ne consente di carpire qualche segreto. L’audio, più che soddisfacente, consente di apprezzarne il tocco. Ecco, se io riuscissi un giorno a suonare per 3 minuti con quella intensità, probabilmente potrei appendere la chitarra al chiodo e sarei ugualmente un uomo felice.

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