(Lettura ipertestuale)
Miles Davis diceva sempre che “Ai bianchi piace ascoltare cose delle quali non capiscono nulla. Li fa sentire intelligenti”. Sono sempre stato d’accordo con lui. Quando sentivo persone che parlavano di Stockausen, Lygety, Cage, musica modale, musica concreta, musica seriale… pensavo sempre “Ecco uno che vuole scopare”. Anche perché se mi trovavo in un posto dove un uomo faceva un discorso del genere, quasi sempre si rivolgeva a una donna e aveva quello sguardo di chi sta pensando “Senti qui che roba! E dopo tutta questa fatica io non mi meriterei di entrare nella tua vagina?”
Quando vedevo questi tizi qui, mi veniva in mente un vecchio film con Alberto Sordi. Eccolo.
Poi però mi sono capitati due libri di un critico musicale chiamato Alex Ross che mi hanno aperto occhi e orecchie su un mare di musica meravigliosa e hanno saputo stimolare la mia curiosità. Si chiamano “Il resto è rumore” e “Senti questo”, e consiglio di partire dal secondo. Ross scrive benissimo e riesce a coinvolgere il lettore a tal punto da fargli quantomeno provare ad ascoltare cose che a un primo ascolto sembrerebbero robaccia informe.
Credo altresì di aver capito che ciò che oggi troviamo inascoltabile e noioso domani sarà probabilmente primo in classifica e ascoltato da tutti. Per vederla in maniera ancora più radicale, ciò che oggi “Non è musica” domani lo diventerà.
Ma come facciamo a capire quando riusciremo a considerare “Musica” con la M maiuscola, quello che oggi ci sembra solo una porcata? Personalmente io mi sono accorto che se questa “porcata” ha un ritmo, la seguo meglio e riesco a familiarizzare con il suono in questione.
Facciamo un piccolo test, per capire meglio. Avete tempo? Bene. Orecchie ben aperte:
Un adorabile pazzoide di nome Edgar Varèse iniziò a sperimentare con strumenti e partiture insolite. Cose veramente ardite che in tanti mettono sotto il nome di musica “contemporanea”. Un trionfo di percussioni, sirene e roboanti fonti di suono. Un assaggio? Eccolo qui, si chiama “Poème electronique”.
Ok, lo so. Avete pensato che è soltanto casino. Vi capisco benissimo. Anche a me ha fatto la stessa impressione, la prima volta che ho sentito questa roba. Il fatto che fosse scritta a spartito non cambiava la mia opinione.
Ma portate pazienza un attimo e andiamo oltre. In una trasmissione americana, il compositore John Cage eseguì una sua composizione chiamata “Water Walk”. Guardatevela qui.
Se vi è venuto da ridere, tranquilli. Lo stesso Cage, avvertito dal presentatore che la sua composizione avrebbe potuto causare ilarità tra il pubblico rispose “Considero le risate preferibili alle lacrime, quindi tutto ok”. (Simpatico, vero?)
Ora proviamo a inserire l’elemento del ritmo. Vedrete come cambiano le cose.
Vi sembrava che Cage, nel video che avete visto sopra, facesse solo del gran casino con degli oggetti di uso comune? Vi sembrava che con la musica non fosse nemmeno parente, vero?
Ebbene, adesso guardate questo video dei Coldcut.
Anche lì ci sono degli oggetti di uso comune, quantomeno in una falegnameria. Motoseghe, mazze, alberi. Anche questi sono soltanto “rumori”. Il loro uso su un ritmo regolare però vi porta magari a dire “Che gran figata” e a farvi ascoltare il pezzo dall’inizio alla fine, rapiti. E questo brano, accompagnato da un video che spiega l’origine dei suoni contenuti in esso, assume anche un preciso significato politico. Bello, vero?
Pensavate che Edgar Varèse sopra fosse un povero pazzo a trafficare con rumori di ogni sorta? Cosa ne dite dei tedeschi Einstuerzende Naubauten?
Anche qui abbiamo percussioni di ogni tipo, in teoria siamo in presenza di un’officina, non di una band. Eppure suona più familiare, vero? Questa è musica.
E cosa pensate di questa scena, dove producendo dei rumori a ritmo il grande MixMaster Mike fa andare in delirio la folla?
Se cinquant’anni fa avessero provato a far ballare i vostri padri con una cosa del genere, state pur sicuri che avrebbero ottenuto bordate di fischi, per non dire di peggio. Basti ricordare l’atmosfera che veniva riservata ai rappers che si esibivano prima dei Clash al Bond’s Casino di New York, nei primi anni ’80. Fischi e urla, spessissimo.
Ultimo test, quello decisivo: Se guardate questo video vedrete e ascolterete un’orchestra sinfonica alle prese con “ECSTASIO”, terzo movimento di “ASYLA”, brillante poema sinfonico del compositore contemporaneo Thomas Adés. Questo movimento vuole simboleggiare i suoni di un noto club londinese e dopo un iniziale parte tipicamente “classica”, in cui i suoni non saranno per niente melodici e il tutto suonerà decisamente ostico, partirà una cassa (suonata da un membro dell’orchestra) a marcare il tempo nel tipico 4/4 della musica house.
L’orchestra seguiterà con lo stesso tema, badate bene; ma ecco che basta un banale (si fa per dire) pattern e il tutto diventa ascoltabile, addirittura bello. Molto bello, no?
Concludo dicendo che c’è una scena del film “Il diavolo veste Prada” che mi piace un sacco, la ritengo una scena culto in assoluto, di quelle che si imparano quasi a memoria. Questa.
Credo che la scena sia applicabile non solo al mondo della moda, ma a qualsiasi campo artistico. In pratica: in ogni ambito artistico o che preveda un’estetica, esistono persone che svolgono compito di ricerca e che giocoforza arrivano prima degli altri, finendo per anticipare e dettare quello che sarà il gusto nel futuro più o meno prossimo. Il film di Sordi mi fa ancora ridere tantissimo, peraltro. Quanto alla frase di Miles Davis, ha ragione da vendere, è vero. Tuttavia, mi trovo anche d’accordo con quel tale che disse che “Il Jazz è come una scoreggia. Piace solo a chi la fa”. Il giorno che risolverò tutte queste mie contraddizioni probabilmente smetterò di ascoltare musica per sempre. Nell’attesa, orecchie ben aperte.
Ecco uno che vuole scopare!
Quando il tuo avvocato ti provoca, fattelo amico.